Come sei arrivato in Gran Bretagna?
«Sono sbarcato a Londra il 5 maggio del 2013. Decisi di trasferirmi a Londra dopo aver lavorato per molti anni nel settore giornalistico. Purtroppo negli anni precedenti al mio trasferimento il settore editoriale locale, e più in generale italiano, era entrato in crisi e si sono ridotte, e alcune volte anche annullate, tutte le opportunità di crescita. Ne ho approfittato per proseguire il mio percorso di studi migliorando la mia preparazione giornalistica classica verso una più multimediale. Questo lo potevo solo attuare a Londra. Ho prima frequentato la London School of Journalism per un corso di scrittura creativa, poi il London College of Communication per un corso sul digital journalism e quindi la City LIT London per un corso sul videogiornalismo. Attualmente lavoro per il gruppo editoriale de La Repubblica, sia per la carta stampata che per il sito web, e per LondraItalia che è la più importante webmagazine italiana a Londra, e in più sono consulente e docente nel campo del digital journalism e digital content creator per diverse aziende sia italiane che inglesi. Sono membro della FPA, Foreign Press Association, che è la più importante associazione di giornalisti stranieri che lavora a Londra per le testate di tutto il mondo. Mi sono sposato, ho comprato casa, insomma mi sono radico dopo appena sei anni dal mio trasferimento».
Come vedi l’Italia da italiano che vive all’estero?
«Sicuramente non bene, perché mi sembra che nulla sia cambiato da quando vivevo lì, a quando mi sono trasferito a Londra. Governo sempre in bilico, classe politica poco preparata, avverto sempre meno entusiasmo tra i più giovani e meno predisposizione a interessarsi dei fatti del loro paese. Sì certo, ho visto qualche manifestazione di piazza verso i cambiamenti climatici, la nascita di movimento spontanei come le “sardine”, ma poi di concreto non è stato fatto nulla. Allo stesso tempo leggo i dati sui flussi migratori che parlano di una emorragia sempre più importante di italiani che si trasferiscono all’estero, non solo più neo diplomati o laureati, ma anche persone più adulte. E questo non va bene, perché così l’Italia perde la sua forza lavoro dopo averla preparata nelle università che per tutti sono giudicate tra le migliori a livello internazionale. Indubbiamente può rimpiazzare queste perdite con i nuovi immigranti ma se allo stesso tempo non finalizza questo flusso con precise politiche sociali e del lavoro, difficilmente riuscirà a bilanciare uscite con entrate in termini di forza lavoro. Per far questo serve una continuità politica che permetta al Governo di lavorare per almeno un mandato pieno senza interruzioni di sorta riuscendo così a stabilizzare il mondo del lavoro e ridando allo stesso tempo la capacità di acquisto alle famiglie per rimettere in moto l’economia su larga scala».
La Brexit fa più paura agli italiani che vivono a Londra o agli stessi inglesi?
«La Brexit credo faccia paura e basta. Agli italiani che vivono nel Regno Unito, agli inglesi che vivono in UK e negli altri 27 stati membri e al resto dell’Europa. Una nazione, o in questo caso un gruppo di nazioni, Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord, che con diversi pesi scelgono di lasciare una storica istituzione come l’UE, sicuramente non fa bene a nessuno dal punto di vista sociale, culturale, politico ed economico. In un momento in cui i flussi migratori sono sempre più in crescita, e non intendo semplicemente quelli dai paesi in difficoltà verso aree più ricche, ma proprio di movimento di persone da una parte del Globo all’altra, reputo abbastanza ridicolo che un paese decida di chiudersi a riccio rendendo qualsiasi tipo di contatto verso l’esterno, e viceversa, il più complicato e selettivo possibile».
Il 31 gennaio il Regno Unito uscirà dall’Unione Europea. Cosa cambierà per voi dal 1° febbraio?
«Per noi italiani che studiamo, viviamo e lavoriamo non cambierà nulla, perché il governo britannico ha già attuato una serie di iniziative che permettono a chi è dentro di rimanere senza nessun tipo di problemi, ovviamente se si rientra nella categoria dei “buoni cittadini”, ossia di coloro che studiano, o lavorano e quindi pagano le tasse, e che soprattutto non hanno pendenze giudiziarie di nessun genere. Basta ottenere una certificazione che si chiama “Settled Status” per chi ha superato i cinque anni di permanenza nel Regno Unito. Chi ha superato i sei può fare richiesta di cittadinanza britannica. Negli ultimi tempi il governo ha velocizzato e semplificato entrambe le procedure proprio per permettere a tutti gli stranieri aventi diritto a rimanere in UK, dato che lo “straniero” da sempre rappresenta una risorsa fondamentale per l’economia del paese».
Quali prospettive ci sono per gli italiani e le aziende del Belpaese nel Regno Unito post Brexit?
«Il Regno Unito sarà sempre un paese dove l’economia viaggia a un passo più spedito rispetto ad altre aree dell’Europa. Questo sta a significare che dentro o fuori dall’UE, conviene sempre continuare ad avere un rapporto con il Regno Unito soprattutto se si fa parte di quelle aziende che puntano ai mercati internazionali per far crescere il proprio business. Quali saranno le prospettive oggi è difficile dirlo, perché una volta attuata la Brexit, ossia dal prossimo 1 febbraio, si dovranno attendere i negoziati tra Londra e Bruxelles per capire quali saranno i rapporti economici tra il regno Unito e gli altre 27 stati membri, quali saranno quindi gli accordi che verranno stipulati. Ad entrambi, conviene mantenere aperta la “porta” anche se il Regno Unito non farà più parte dell’Europa: è un paese che produce poco e importa tantissimo, e l’UE produce tanto ed esporta sempre molto proprio verso il Regno Unito, soprattutto l’Italia dal punto di vista del comparto metallurgico ed enogastronomico. Mentre se visto in chiave “locale”, diventa ovvio che per un italiano, sia esso dipendente che azienda che vive e opera nel Regno Unito, conviene far parte di questa “macchina” che continua ad andare spedita. Anche se non è chiaro verso quale direzione».
«Venite a Londra preparati e con le idee chiare da attuare»
Chi vuole trasferirsi in Inghilterra deve essere preparato e avere le idee chiare: Alessandro Allocca ne è convinto. «Londra è e sarà una delle capitali dove sentirsi al centro del mondo. Non è per nulla sbagliato, quando si dice che Londra è la rappresentazione in scala della Terra, ancora più di New York – spiega –. Qui vivono comunità provenienti da ogni parte del mondo che portano valore aggiunto attraverso le loro culture, modi di vivere, mangiare e credi religiosi. Però, inutile negare, che Londra sia una città impegnativa soprattutto dal punto di vista economico e altamente competitiva. Però, posso assicurare, che offre una opportunità a tutti, purché si venga preparati e con le idee chiare. È finito il tempo in cui si sbarcava con la valigia di cartone, senza né e né parte, e nel giro di poco si faceva fortuna vendendo prodotti italiani o pulendo le scarpe nel quartiere della City. Chi ora ha successo vanta un background di studi, di esperienze sul campo e di apertura mentale che gli permettono di arrivare ai piani alti in tempi brevi facendo leva sulla meritocrazia che, fortunatamente, qui ancora vale. Il consiglio, quindi, è avere un progetto chiaro e preciso da attuare nei tempi giusti, perseguirlo senza mai scoraggiarsi e sicuramente l’obiettivo verrà raggiunto».
Un euroseggio in più per Latina
Con la Brexit la provincia di Latina guadagna anche un eurodeputato in più. 73 parlamentari europei inglesi dovranno lasciare il loro scranno di Strasburgo e gli euroseggi passeranno da 751 a 705. Tra i tre nuovi parlamentari europei in rappresentanza dell’Italia ci sarà anche Salvatore De Meo (Forza Italia), attuale sindaco di Fondi, 49 anni, che si aggiungerà a Matteo Adinolfi (Lega, già consigliere comunale di Latina) e Nicola Procaccini (Fratelli d’Italia, sindaco uscente di Terracina).