Liceo Pascal, liceo Picasso, istituto Copernico, istituto Largo Brodolini. Tutte le scuole superiori di Pomezia erano in piazza questa mattina per sottolineare che le linee guida dettate dal Governo per la ripartenza delle lezioni in classe – che nel Lazio riprenderanno il 18 gennaio – sono inadeguate e controproducenti. Ogni istituto superiore della città è stato rappresentato da un ridotto numero di studenti, per via delle limitazioni anti-coronavirus, ma il sit-in è stato seguito in diretta sui social network dai compagni. In piazza Indipendenza c’erano anche alcuni professori, in sostegno alla protesta dei ragazzi.
Sbagliate sono, a loro parere, in particolare le indicazioni sugli ingressi scaglionati a scuola, che secondo il Governo dovrebbero limitare l’affollamento sui mezzi pubblici e al suono della campanella, mentre secondo i ragazzi, i loro professori e i rappresentanti dei genitori questo doppio orario finirebbe addirittura per creare i temuti assembramenti (lo spieghiamo qui). La comunità scolastica è stufa dei continui tira e molla sulla ripartenza delle lezioni in presenza, del caos sulle percentuali di studenti ammessi in classe e delle prove di forza politiche che sembra si stiano giocando sulle spalle della scuola italiana in tempo di pandemia.
«Siamo stanchi di vedere la riapertura slittare di settimana in settimana, rendendola uno strumento politico, rendendo il rientro una gara a chi ha ragione», hanno gridato i manifestanti. «Abbiamo bisogno della nostra scuola, che essa venga curata, perché siamo sia il presente che il futuro di questo Paese. Ascoltateci, siamo coloro che danno vita alla scuola, non coloro che la vedono da lontano. Vogliamo ora essere coinvolti nei tavoli di decisione e dalle istituzioni».
«Gli alunni, anche con la partecipazione di alcuni docenti – hanno spiegato alla piazza che ascoltava – hanno deciso di mobilitarsi perché stanchi di essere vittime delle istituzioni, di ricevere, nonostante le mille opportunità che sono state date al governo, solo slittamenti e nessuna sicurezza in trasporti, spazi e investimenti. “La scuola SI-CURA”, si legge su uno striscione, “La scuola è di chi la fa”».