Avrebbero avuto base tra Velletri e Roma, fatto affari con i disperati che cercano di fuggire dall’Africa per cercare fortuna e pane in Europa, ma soprattutto vi sarebbe la loro mano anche sulla tragedia del 3 ottobre scorso, quando nei pressi dell’isola di Lampedusa, in un naufragio, perirono 366 migranti. Si tratta di una presunta organizzazione criminale, impegnata nel business delle carrette del mare, che avrebbe costretto quanti non avevano denaro per il viaggio da Tripoli alla Sicilia a pagare con i loro organi. L’ultimo di quelli che l’Antimafia di Roma ha inquadrato come pericolosi negrieri, dopo essersi dato alla latitanza in Svezia, è stato catturato e ieri sera rinchiuso in carcere, dopo essere stato preso in consegna dalle guardie costiere. Haile Seifu, in fuga da agosto, è giunto all’aeroporto di Fiumicino con un volo diretto proveniente da Stoccolma, scortato dall’Interpol. Ad attenderlo gli agenti del Nucleo speciale d’intervento della Guardia costiera di Roma, che lo hanno tradotto in carcere. L’organizzazione su cui sta indagando l’Antimafia, a settembre ha portato il gip del Tribunale di Roma, Tiziana Coccoluto, a emettere un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di cinque eritrei, ritenuti componenti di una cellula criminale internazionale, con base operativa e logistica appunto tra Roma e Velletri. Ai migranti gli indagati avrebbero chiesto 1.500 euro per trasportarli dalla Libia a Lampedusa, la metà di altri scafisti, ma quanti non riuscivano a pagare venivano venduti ad altre organizzazioni, schiavizzati costretti a privarsi dei loro organi. Il denaro per i viaggi veniva raccolto tra le famiglie africane presenti in Italia, a Milano, Bologna e Torino, che cercavano di far arrivare in Europa il resto dei loro familiari. Le indagini sono partite a luglio, dopo una segnalazione ricevuta dalla Guardia Costiera.
27/11/2014