Poi la “scoperta” che la discarica di Roccasecca sia piena e quindi non più atta a ricevere i rifiuti della Capitale. Discarica di Roccasecca di proprietà della società MAD di quel Valter Lozza finito agli arresti per la vicenda di Monte Carnevale. Certamente un’altra coincidenza che, però, lascia aperta la domanda di come sia possibile che un impianto strategico come quello di Roccasecca stia per esaurirsi, al punto da non accettare più i rifiuti di Roma dall’oggi al domani, senza che chi governa la Città di Roma ne abbia percezione.
E da qui riparte la solita triste messinscena tra Regione e Comune di Roma sulla necessità di una discarica per Roma da individuarsi, nella Capitale secondo Zingaretti, nell’area vasta secondo la Raggi. Una polemica annosa e noiosa, a voler nascondere con una foglia di fico le grandissime responsabilità di questi anni che stanno rendendo Roma una Città ingestibile in materia rifiuti. Quasi che la discarica possa risolvere i problemi, certamente non emergenziali ma totalmente strutturali, della Capitale.
Una vergognosa battaglia di retroguardia, che oggi non ha più neanche l’alibi di diverse posizioni politiche tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle. Tanto che, ed è l’ultimo tassello di questo tristissimo puzzle, la scorsa settimana con soli 20 voti favorevoli, un numero ben inferiore alla maggioranza dell’Assemblea Capitolina, vengono approvati tre anni di bilanci AMA e, con essi, il piano di risanamento ed il nuovo piano industriale. Approvazione resa possibile dall’uscita dall’aula dei consiglieri del Partito Democratico, con la sola eccezione del consigliere Orlando Corsetti. Scelta condivisa anche da altri esponenti di sinistra, come Stefano Fassina.
Un voto che improvvisamente passa un colpo di spugna su tre anni di discussione tra AMA e Amministrazione di Roma su faccende di crediti e debiti mai chiarita. Una querelle che ha visto sette consigli di amministrazione susseguirsi assieme ad un imprecisato numero di assessori. E poi, all’improvviso, tutto a posto. E lo devono sperare quei venti consiglieri che hanno alzato la mano su questa delibera milionaria che sia tutto a posto. Perché se così non fosse verrebbero chiamati a risponderne a titolo personale.
Un atto, quello della delibera, che porta in sé un disegno chiaro. O meglio chiaro nella confusione. Perché quei venti consiglieri favorevoli, assieme a tutti quelli che sono usciti dall’aula, hanno, di fatto, approvato la nuova visione della gestione dei rifiuti romana, il futuro dei rifiuti romani. Futuro chiaramente scritto dentro il piano industriale di AMA. La cosa più senza senso che mi sia capitato di leggere nella mia vita ma che ha un punto fermo. La realizzazione di un enorme e costosissimo impianto di Trattamento Meccanico e Biologico dei rifiuti. Un enorme frullatore di rifiuti, di fatto bandito dall’Unione Europea, perché anacronistico, pericoloso, inquinante e soprattutto assolutamente non funzionale alla raccolta differenziata porta a porta.
Fa male sapere che il Partito Democratico abbia, implicitamente, scelto una linea di gestione dei rifiuti che non punti alla differenziazione dei rifiuti ed alla valorizzazione della materia, una linea che nulla ha a che vedere con il Piano Regionale dei rifiuti che i TMB li bandisce, un piano che, di fatto riporta in tutte le strade della Capitale i cassonetti.
E nessuno si azzardi a dire che è stato fatto per evitare il fallimento di AMA. È vero AMA ha rischiato grosso. Ma con quel piano di risanamento appena approvato, anche grazie all’uscita dell’aula dei consiglieri di sinistra, pare piuttosto un prolungamento di un’agonia.
E fa male pensare che l’agonia di AMA si poteva evitare semplicemente mettendola al centro di una seria politica di differenziazione dei rifiuti, conferendole la gestione degli impianti di valorizzazione delle frazioni merceologiche differenziate. Come succede – conclude Andreassi – in tutte le realtà in cui la raccolta differenziata funziona ed un soggetto pubblico fa, in maniera efficace ed efficiente, il servizio.”