La Nofdam, che prima del nuovo millennio aveva ottenuto la concessione edilizia solo dopo una vertenza giudiziaria e tramite un commissario, nel 2002 ha avuto anche la proroga sul fine lavori, fissata all’anno 2005. Oltre a un minimo di sbancamento del terreno, però, il cantiere non è mai partito e nel frattempo la concessione è scaduta. Così, dato che le somme versate a titolo di oneri urbanistici erano collegate all’effettiva realizzazione del progetto, la Nofdam ha chiesto che le venisse restituita la somma di 1.114.829,33 euro a titolo di capitale, oltre agli interessi legali e al maggior danno. Chiaramente il Comune di Pomezia si è opposto alla richiesta, ma già nel 2016 la società aveva ottenuto l’accoglimento del proprio ricorso giudiziario. L’Ente di piazza Indipendenza, però, non si è arreso e ha presentato una serie di motivazioni alla base della scelta di non pagare quei soldi.
Secondo il Comune, infatti, la richiesta sarebbe tardiva, irragionevole (dato che l’Ente non ha impedito alla Nofdam di costruire) e illegittima perché sproporzionata rispetto al danno patrimoniale effettivo. Ci sarebbe inoltre incertezza sull’entità del credito vantato e infine – e questo è l’unico aspetto che il tribunale amministrativo ha valutato come rilevante – la cospicua richiesta di denaro “a seguito del mancato utilizzo del titolo edificatorio per scelta unilaterale del privato, che comunque non perde le potenzialità edificatorie del suo suolo”, si legge, “procurerebbe un gravissimo danno economico al Comune e ai suoi cittadini, in quanto i contributi versati dalla società sono stati acquisiti come risorse pubbliche/fondi pubblici per cui l’accoglimento della richiesta determina ripercussioni sui servizi programmati in favore della collettività”.
Nonostante ciò, il Tar ritiene che comunque il Comune debba restituire alla società il milione di euro versato. L’unica “concessione” del tribunale è la compensazione delle spese legali, che non saranno quindi addebitate interamente alla Pubblica Amministrazione.