Il progetto voluto da Marco Paolini, in collaborazione con Fondazione Vajont, vedrà la partecipazione di più di 130 tra teatri e altri istituti che in contemporanea in Italia e all’estero rileggeranno il suo celebre monologo.
Attori professionisti e dilettanti, teatri stabili di grandi città e di provincia, compagnie amatoriali, musicisti e danzatori parteciperanno in tutta Italia a quest’azione teatrale corale, che verrà allestita nei luoghi più disparati, dai palcoscenici veri e propri alle biblioteche, le piazze, le scuole, gli oratori, in allestimenti diversi e originali.
Tutti si fermeranno alle 22.39, ora in cui la montagna franò nella diga.
VajontS 23 varcherà anche i confini nazionali con appuntamenti a Parigi, Edimburgo, Ginevra e Maiorca.
La partecipazione all’evento Vajont S23 presso il Museo Città di Pomezia, in Piazza Indipendenza 11, è gratuita. Si consiglia la prenotazione.
Per info e prenotazioni:tel. 0691146500 – [email protected]
Il racconto del Vajont
“Il racconto del Vajont” è un monologo teatrale del 1993 di Marco Paolini. Si tratta di un’orazione civile di riflessione e denuncia sugli eventi che portarono al disastro del Vajont, narrati dall’inizio della costruzione dell’omonima diga nel 1956 fino alla frana del 9 ottobre 1963 che costò la vita a quasi duemila persone, in un monologo teatrale di circa due ore e mezza.
L’opera è stata trasmessa in televisione per la prima volta il 9 ottobre 1997, in occasione del trentaquattresimo anniversario del disastro, in diretta su Raidue; per l’occasione fu allestito un teatro proprio presso la diga del disastro. Con la diga del Vajont alle spalle, Marco Paolini raccontò quella tragedia parlando di responsabilità e non di “natura maligna”. La trasmissione venne vista da oltre tre milioni e mezzo di persone ed è entrata nella storia della TV italiana.
La tragedia del Vajont
Il disastro del Vajont si verificò la sera del 9 ottobre 1963 alle 22:39, quando una frana precipitò dal soprastante pendio del Monte Toc nelle acque del bacino alpino sottostante realizzato con la diga del Vajont. L’onda generata dalla caduta della frana nell’invaso fece tracimare l’acqua e provocò l’inondazione e distruzione degli abitati del fondovalle veneto, tra cui Longarone, e la morte di 1910 persone, 487 di età inferiore ai 15 anni.
La frana dal monte Toc fece precipitare circa 270 milioni di m³ di roccia nel bacino creato dalla diga del Vajont, un volume più che doppio rispetto a quello dell’acqua contenuta nell’invaso, che conteneva circa 115 milioni di m³ d’acqua al momento del disastro. L’ondata di piena superò di 250 m in altezza la sommità della diga e scavalcò il manufatto (che rimase sostanzialmente intatto) e riversò circa 25-30 milioni di m³ di acqua nella valle del Piave.
Dopo numerosi dibattiti e processi, le cause della tragedia sono state fatte risalire ai progettisti e ai dirigenti dell’ente gestore della diga i quali nascosero, con il beneplacito di enti locali e nazionali, i dati che dimostravano la non idoneità del luogo, per le sue caratteristiche morfologiche a rischio idrogeologico, a contenere un bacino idroelettrico.
L’evento”VajontS 23″, nel ricordare dopo 60 anni la catastrofe del Vajont, vuole non soltanto commemorare un evento disastroso che ha segnato la storia del paese, ma anche far riflettere sulla crisi climatica in atto, per non ripetere gli stessi errori del passato, quando segnali evidenti sono stati ignorati, trascurati, addirittura occultati.
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