La Regione non darà nessuna proroga: il termine per mettere in regola le abitazioni non allacciate e non allacciabili alle reti fognarie rimane il 22 dicembre 2015. Ossia quello stabilito dalla delibera regionale n, 219 del maggio 2011. In realtà, la scadenza e soprattutto le attività per salvaguardare il nostro patrimonio idrico sono previste dal lontano dicembre 2000. Si tratta della direttiva quadro europea sulle acque, poi recepita dalla legislazione italiana e quindi dalla Regione Lazio con la delibera di Giunta n. 219 nel maggio 2011. Ma dopo 15 anni, ancora molte migliaia di abitazioni nel nostro territorio scaricano i reflui non depurati o trattati alla meno peggio.
L’ANNUNCIO DELLA REGIONE
Ad ottobre, il portavoce dell’Assessore regionale all’ambiente Fabio Refrigeri comunicava a il Caffè che «da parte della struttura competente, è in corso di valutazione la proroga alla suddetta scadenza, al fine di permettere a tutti i cittadini interessati di completare l’adeguamento dei sistemi di trattamento degli scarichi domestici così come previsto dalla normativa. Quel che si sta valutando è la durata della proroga». Annuncio pubblicato su il Caffè n. 333 e confermato dall’ingegner Mauro Lasagna, capo dei tecnici dell’Assessorato guidato da Refrigeri: «È intenzione dell’amministrazione regionale adottare una proroga, ma non so dire se la proroga sarà di uno o due anni. Prima del 22 dicembre – aveva detto il dirigente – di sicuro ci sarà intervento legislativo del Consiglio regionale per dare la durata della proroga. Non possiamo avere né manica troppo larga né tropo stretta, anche perché questa materia ci vede sotto l’occhio attento dell’Unione europea».
LA PROROGA NON ARRIVA
Col passare dei giorni, l’annuncio ha iniziato ad incrinarsi. Alcuni tecnici comunali ci hanno riferito che l’asserita proroga non riguardava tutti ma solo chi ha casa in zone già coinvolte da progetti per impianti fognari approvati. Abbiamo chiesto lumi all’Assessore Refrigeri e all’ing. Lasagna. Che non rispondono più.
A farla breve, la proroga sembra essere sfumata. Lo suggerisce il resoconto di un attento membro della Commissione Ambiente della Regione Lazio, il Consigliere Fabrizio Santori.
Visto che l’argomento è un tabù presso il competente Assessorato, a lui abbiamo domandato di aiutarci ad informare la popolazione. «Ne ho parlato con l’Assessore Refrigeri e mi ha riferito che gli uffici della Regione hanno difficoltà a prorogare un termine imposto dalla normativa nazionale, di rango superiore a quella regionale. Da quanto mi dice Refrigeri – aggiunge Santori – è allo studio da parte degli uffici tecnici dell’assessorato alle infrastrutture e all’ambiente una proposta per tale proroga. Ma qui in Consiglio regionale non c’è alcuna proposta per la presunta annunciata dall’ing. Lasagna e dal portavoce di Refrigeri».
TANTISSIMI I COINVOLTI
Significa che buona parte della popolazione del Lazio è investita dal problema e deve darsi una mossa, a pena di multe dai 1.500 ai 15mila euro. Per fare impianti seri che depurino come si deve, occorrono varie migliaia di euro. Tanto più che in gran parte del territorio, a causa della sensibilità dei bacini idrici e del tipo di suolo, l’unico sistema possibile tra i due richiesti dalle norme attuative regionali è la evapotraspirazione fiotassistita (vasche con pietrisco sormontati da piante avide d’acqua). Sistema efficace ma più costoso della subirrigazione e dei fanghi attivi. «Stando così le cose – ragiona l’on. Santori – chi può credere che la Regione Lazio davvero si aspetti che tutti si metteranno in regola nei tempi e modi imposti dalla delibera 219 del 2011 e dalla legge? È impossibile, serve una soluzione a livello regionale, se la normativa lo prevede, oppure a livello nazionale dovrebbe essere il Presidente Zingaretti a chiedere un intervento del Governo».
La situazione della mancata depurazione è davvero grave, specialmente in zone dove il cemento è dilagato, come ai Castelli Romani, a Latina, sul litorale e in città come Aprilia dove addirittura oltre un quarto delle unità abitative sono sorte abusivamente. Territori in cui si è costruito e si sono chiusi entrambi gli occhi, le orecchie e le bocche. E pure il naso, trattandosi di liquami. Però le leggi della natura non derogano e la marea di reflui scaricati alla chetichella in tutti questi anni ha presentato il conto: nei pozzi è ormai quasi scontata la presenza di batteri fecali. Bello sviluppo: fare le case per poi inquinare le acque che dovrebbero darci da bere. Insomma, a pochi giorni dalla scadenza, la bomba non è disinnescata.