Tremano le Marche e, pur a distanza di duecento chilometri, tremano anche i Castelli romani. Le botte che hanno scosso Vissol, Ussita e la vasta area non troppo lontana dalla tragedia di Amatrice, sono state chiaramente avvertite anche a Roma e provincia: i Colli albani, in particolare, sono da sempre abituati a convivere col terremoto anche se la scossa più alta che si ricordi è quella del 1821 con epicentro a Nemi: un sisma con una magnitudine stimata di 5.
“La sismicità dell’Appennino e quella dei Castelli romani rispondono a dinamiche e meccanismi profondamenti diversi. Nel primo caso si tratta di una sismicità tipica dello scontro tra placche, nel secondo di quella che caratterizza una zona vulcanicamente importante come la nostra”. A parlare è Giuliana D’Addezio, direttrice del museo di Geofisica di Rocca di Papa e dipendente dell’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia (Ingv). “L’ipotesi che i terremoti che si verificano intorno ai Castelli romani possano in qualche modo influenzare il ciclo di attività del vulcano dei Colli albani non è sostenibile”. Insomma ad ognuno la sua sismicità e i Castelli, classificati a rischio sismico 2, hanno già di che stare all’erta. “I terremoti che caratterizzano il comprensorio sono l’esatta conseguenza del fatto che il nostro vulcano sia attivo seppur in uno stato di quiescenza. Parliamo di un apparato che ha una ciclicità stimata in 38-40mila anni e per il quale le ultime emissioni di lava, dai crateri più giovani di Vallericcia, Pantano Secco, Valle Marciana e dei due laghi castellani, risale a circa 35mila anni fa. Insomma, dovremmo essere vicini a nuove eruzioni? “Tra qualche centinaia di anni, forse poche migliaia si. Un’eruzione vulcanica è ampiamente prevedibile, ci sono una lunga serie di precursori. Inoltre il vulcano dei Colli albani è tra i più monitorati e modellati. In questi ultimi anni, a parte i terremoti che da sempre denotano l’attività di questo vulcano, si continua a registrare l’innalzamento del terreno di alcuni millimetri all’anno e più di recente sono aumentate le emissioni di gas e di fanghi”.
Se, insomma, il terremoto che ha squassato il centro Italia si è verificato in zone comunque con classificazione 1 di rischio sismico, i Castelli stanno – da questo punto di vista – un po’ meglio per quanto proprio il potenziale aumento dell’attività di riattivazione del vulcano possa portare potenzialmente a fenomeni più rilevanti. Il vero problema è l’adeguamento antisismico delle nostre zone: l’analisi effettuata una decina di anni fa e compendiata nel luglio 2011 sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio descrive una situazione che, seppur ampiamente parziale, non è davvero rosea. Nella sola Frascati, tra i pochi Comuni castellani analizzati in quella fase, ad oggi servirebbero solo 20 milioni per adeguare sismicamente le scuole cittadine. Gli altri Comuni, evidentemente, non se la passano meglio per quanto nessuno dei sindaci seppur sollecitati ha voluto fare il punto sull’effettivo stato di adeguamento sismico dei propri edifici pubblici.
“La sismicità dell’Appennino e quella dei Castelli romani rispondono a dinamiche e meccanismi profondamenti diversi. Nel primo caso si tratta di una sismicità tipica dello scontro tra placche, nel secondo di quella che caratterizza una zona vulcanicamente importante come la nostra”. A parlare è Giuliana D’Addezio, direttrice del museo di Geofisica di Rocca di Papa e dipendente dell’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia (Ingv). “L’ipotesi che i terremoti che si verificano intorno ai Castelli romani possano in qualche modo influenzare il ciclo di attività del vulcano dei Colli albani non è sostenibile”. Insomma ad ognuno la sua sismicità e i Castelli, classificati a rischio sismico 2, hanno già di che stare all’erta. “I terremoti che caratterizzano il comprensorio sono l’esatta conseguenza del fatto che il nostro vulcano sia attivo seppur in uno stato di quiescenza. Parliamo di un apparato che ha una ciclicità stimata in 38-40mila anni e per il quale le ultime emissioni di lava, dai crateri più giovani di Vallericcia, Pantano Secco, Valle Marciana e dei due laghi castellani, risale a circa 35mila anni fa. Insomma, dovremmo essere vicini a nuove eruzioni? “Tra qualche centinaia di anni, forse poche migliaia si. Un’eruzione vulcanica è ampiamente prevedibile, ci sono una lunga serie di precursori. Inoltre il vulcano dei Colli albani è tra i più monitorati e modellati. In questi ultimi anni, a parte i terremoti che da sempre denotano l’attività di questo vulcano, si continua a registrare l’innalzamento del terreno di alcuni millimetri all’anno e più di recente sono aumentate le emissioni di gas e di fanghi”.
Se, insomma, il terremoto che ha squassato il centro Italia si è verificato in zone comunque con classificazione 1 di rischio sismico, i Castelli stanno – da questo punto di vista – un po’ meglio per quanto proprio il potenziale aumento dell’attività di riattivazione del vulcano possa portare potenzialmente a fenomeni più rilevanti. Il vero problema è l’adeguamento antisismico delle nostre zone: l’analisi effettuata una decina di anni fa e compendiata nel luglio 2011 sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio descrive una situazione che, seppur ampiamente parziale, non è davvero rosea. Nella sola Frascati, tra i pochi Comuni castellani analizzati in quella fase, ad oggi servirebbero solo 20 milioni per adeguare sismicamente le scuole cittadine. Gli altri Comuni, evidentemente, non se la passano meglio per quanto nessuno dei sindaci seppur sollecitati ha voluto fare il punto sull’effettivo stato di adeguamento sismico dei propri edifici pubblici.
03/11/2016