Il giorno che è stato proclamato Sindaco di Messina era scalzo e indossava una maglietta a maniche corte, la stessa che aveva quando ha firmato il bando per le periferie a Palazzo Chigi, davanti agli occhi attoniti del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e del ministro Elena Boschi. Renato Accorinti ieri pomeriggio è stato ospite a Latina nella sala De Pasquale, nel primo incontro voluto dal Sindaco Damiano Coletta denominato “Comuni in Comune”. Il primo cittadino siciliano ha spiegato la missione del suo mandato: sconfiggere la politica del malaffare e dare voce alla rivoluzione che parte dal basso. Secondo quanto ha spiegato ai curiosi di ieri pomeriggio, la sua candidatura è nata perché un gruppo di persone ha presentato delle firme per chiedere che lui, insegnante di educazione fisica, scendesse in campo. Allora si è convinto a candidarsi, “ma non mi interessa il Parlamento, la Camera e il Senato – ha spiegato -. Ho accettato solo perché era una rivoluzione che partiva dal basso. Se è successo a Messina che una lista civica improvvisata di 38 persone ha vinto le elezioni, può succedere ovunque”. Nei suoi discorsi compaiono parole simili a quelle utilizzate dal primo cittadino di Latina: bene comune, rivoluzione della normalità, cambiamento. Accorinti ha usato la parola “amore”, spiegando che è inusuale in politica ma emblematica per capire che la forza che ne scaturisce può davvero cambiare le cose. Rispetto alle critiche mosse al suo mandato è stato chiaro: le rivoluzioni si vedono nel tempo. “Una volta – ha raccontato – le suore di clausura mi hanno abbracciato e detto “noi preghiamo per te”. Ho dormito più volte con i senzatetto e finalmente ho aperto un dormitorio da 30 posti letto per loro chiamandolo “La casa di Vincenzo”, in onore del clochard che non c’è più. Il primo giorno che sono entrato in Comune – ha concluso – ho tolto il vetro che c’era, così: senza delibera e senza niente. L’ho spostato e oggi è ancora così. E’ così che intendo la politica io”.
24/03/2017