Paralizzata sulla sedia a rotelle, aiutata da un respiratore e dall’infermiera e affiancata dai familiari giorno e notte («ma sto prima di tutto con Dio», precisa lei), Laura Sciuto ora si sente in movimento più che mai. Un caso diverso: prima ha iniziato a salvare se stessa, poi ha scelto di adottare a distanza dei bambini, una in Tanzania, una in India e un piccolo indios in Colombia con alcuni amici coi quali si vede, insieme al marito, e legge i libri di Padre Angelo Benolli, fondatore di Italia Solidale. Si danno una mano ad essere vivi. È il percorso di Laura, due figli, un bel marito avvocato, la casa, ogni mattina in palestra: «Quella che si direbbe ‘la famiglia del mulino bianco’», scherza lei. Dopo essere stata capo segreteria di un grosso studio legale romano, si era messa a lavorare con il marito. «Ero completamente assorbita tra famiglia, marito e lavoro».
Nel 2007, a 47 anni, la sorpresa: le diagnosticano la malattia del 2° motoneurone. «Ho colto subito che questa malattia era un’opportunità, che oggi chiamo grazia, mi ha portato a conoscermi, a diventare me stessa e a salvare dei bambini. Un grande medico a Milano mi disse che le malattie venivano nell’inconscio, mi parlò dei condizionamenti che non ti fanno vivere la tua natura e non ti fanno essere te stesso. Scelsi lì per lì di tenermi la malattia, per non perdere la mia “famiglia perfetta”. Ne parlai coi miei figli e il piccolo, Fabrizio, mi parlò di Padre Angelo e delle persone che attraverso la sua esperienza e cultura di vita risolvevano i problemi. Io ero agnostica, rifuggivo dai preti». Dopo varie resistenze Laura ci è andata da quel sacerdote. «Non lo capivo – racconta -ma su un foglio lì in associazione c’era scritto che Gesù era una persona libera e indipendente, che non seguiva la cultura del suo tempo, gli scribi e i farisei, e non andava appresso nemmeno alla Madre. Io invece lo consideravo un “bravo e buono”… Quando a Padre Angelo, presentandomi, ho detto che avevo una malattia degenerativa e che per i medici non c’era nulla da fare, mi ha presentato Daniela, una volontaria di Italia Solidale guarita dal morbo di Crohn (malattia grave dell’intestino considerata incurabile, ndr). “Anche a lei i medici dicevano la stessa cosa! L’amore c’è, Dio c’è, perciò vai tranquilla”, mi disse lui. Daniela mi spiegò che attraverso il percorso con Padre Angelo aveva visto che aveva assorbito la depressione di sua madre e si era ammalata. A farla breve – prosegue Laura -, incontro dopo incontro, mi ha aiutato a vedermi, a tirare fuori i motivi profondissimi e le ferite che mi avevano fatta ammalare, perché i miei nervi si sono ritirati. Perciò dico che questa malattia è stata una grazia. Prima sognavo sempre sporcizia, ora i miei sogni sono pieni di prati, di sole e cose belle. Anche con l’aiuto di Padre Angelo ho iniziato a fare dei passaggi: dovevo decidere se vivere o morire, cioè se continuare a fingere o affrontare la relazione nella verità con mio marito».
Da questa cultura nascono le speciali adozioni a distanza di Italia Solidale, che propongono lo stesso cammino anche ai genitori dei bambini adottati. Laura l’ha conosciuta «innanzitutto come cultura per aiutare l’inconscio e per liberarci. Poi – aggiunge – l’adozione è venuta da da sé, nella mia esperienza, quando ho capito lo slogan dell’associazione: “Salva un bambino l’amore ti salverà”. Padre Angelo aveva ragione: l’amore c’è, Dio c’è. Basta muoversi personalmente con la giusta luce. Sono paralizzata, ma finalmente viva! Ho capito che se hai spirito, puoi fare tutto. L’estate scorsa ho fatto il bagno al mare. Oggi, quando mi sento male, mi domando “cosa mi ha disturbato per cui non ho vissuto nella verità e nello spirito?”. Quindi vedo e con Dio risolvo. È il Natale».
E a noi, cosa può farci bene? Di sicuro amare un bambino e aiutarlo concretamente.
Francesco Buda