Stabilito che la competenza era del Tar del Lazio, sulla vicenda i giudici amministrativi romani si sono pronunciati nel 2011, sostenendo che l’espropriato doveva essere risarcito, subordinando l’indennizzo a un accordo tra l’ormai ex proprietario del terreno e il Comune, per la cessione dell’area in cambio di una determinata somma. È stato così che il ricorrente, forte di una consulenza sui suoi beni e sostenendo che doveva avere denaro sia per il terreno perso che per quello diventato inutilizzabile, ha chiesto al Comune oltre 875mila euro. Da Palazzo non ci hanno pensato proprio a subire il salasso e non hanno tirato fuori un centesimo. Il rutulo ha così aperto un altro contenzioso, chiedendo sempre al Tar di far rispettare la sentenza di tre anni fa e dare incarico a un commissario di provvedere all’esecuzione del provvedimento. Mancando l’accordo tra pubblico e privato, i giudici hanno disposto una loro consulenza, affidandola all’architetto Antonello Carotenuto.
Il professionista ha stabilito che l’indennizzo era dovuto solo per il terreno espropriato, che il valore dello stesso non era di 40 euro al metro quadrato, ma di molto meno e che, trattandosi in totale di una superficie di 6.050 metri quadrati, al ricorrente dovevano essere corrisposti 53.240 euro. Poco rispetto a quanto sperava l’espropriato, ma sempre meglio di niente. Il risarcimento dovrà essere pagato entro sessanta giorni e, nel caso in cui il Comune dovesse restare inerte, provvederà il prefetto di Roma nella veste di commissario ad acta.