Per riaprire il VII invaso della discarica di Albano, sequestrato venerdì scorso 11 marzo dalla Procura di Velletri per “gestione illegittima”, ai gestori del sito basterà pagare 30 milioni di euro, 8 dei quali entro domani lunedì 14 marzo. In buona sostanza, è quanto emerge da fonti giudiziarie. Nonostante tutte le ricerche del caso, gli inquirenti veliterni non sarebbero difatti riusciti a trovare traccia della fidejussione milionaria, vale a dire delle garanzie economico-finanziarie prescritte dalla legge a carico dei gestori delle discariche, necessarie a coprire i costi altissimi di chiusura e bonifica dei cimiteri per rifiuti indifferenziati, dopo la loro chiusura. La società Ecoambiente, subentrata di recente alla Pontina Ambiente srl riconducibile all’imprenditore del settore Manlio Cerroni ma facente parte della stessa galassia societaria, non le avrebbe versate. Qualcuno, quindi, non ha pagato. Ma qualcuno non ha neanche controllato, così si vocifera nei corridoi della procura di Velletri, ma anche della Procura di Roma. La Regione? Il Campidoglio? La Città Metropolitana? Tutti gli Enti assieme? CHi avrebbe dovuto controllare e non l’ha fatto? I referenti istituzionali? I dirigenti? Entrambi? Tutto questo nessuno ancora, almeno per il momento, lo sa di preciso, ma certo che le indagini proseguono serrate. Serrate sono anche le bocche degli inquirenti e degli investigatori. In sostanza, per riaprire il VII invaso la Ecoambiente dovrà versare 8 milioni di euro sull’unghia lunedì mattina 14 marzo. I sigilli della discarica sono stati posti dalla Guardia di Finanza di Velletri, su disposizione del gip del Tribunale di Velletri, proprio per l’assenza del pagamento di tale garanzia, ritenuta un presupposto essenziale per operare come gestore della discarica. Lo scopo di tale indagine giudiziaria potrebbe essere anche quello di evitare, come successo di recente a Malagrotta, che poi a pagare il conto salato delle mancate fidejussioni debbano essere ancora e sempre i cittadini, coi 250 milioni del PNRR utilizzati per la chiusura del sito romano riconducibile allo stesso Gruppo imprenditoriale: anche in quel caso non erano state pagate le fidejussioni. Dopo l’ordinanza di riapertura della discarica di Albano, con l’ordinanza del 15 luglio del 2021 firmata dall’ex sindaca di Roma, Virginia Raggi, la Ecoambiente avrebbe dovuto depositare una garanzia valida trent’anni, del valore per l’appunto di trenta milioni di euro, un milione di euro all’anno, per coprire i costi futuri legati alla chiusura e alla bonifica dell’area. Di tale fidejussione la Procura non avrebbe riscontrato però alcuna traccia e per questo ha chiesto e ottenuto dal gip il sequestro della discarica. Per il momento, nella inchiesta giudiziaria non figura menzione del grave stato di inquinamento delle falde acquifere sottostanti il sito, certificato da 6 mesi a questa parte da Arpa Lazio, nè tantomeno dell’interdittiva antimafia confermata da due gradi i giudizio che grava sulla società proprietaria del sito. L’interdittiva è ritenuta un fattore di grande rilevanza anche dall’avvocatura della Regione Lazio, così si legge in un recente parere del 10 febbraio scorso. La validità dell’interdittiva graverebbe – il condizionale è d’obbligo – anche sulle autorizzazioni che permettono al sito di restare in funzione, nonostante il recente sequestro, di cui sono titolari Ecoambiente (VII invaso) e forse anche ColleVerde (ex TMB andato in fiamme).
13/03/2022