“Recenti risultanze investigative e giudiziarie – viene specificato nel rapporto – hanno fatto emergere rapporti collusivi-corruttivi tra imprenditori nei settori dell’edilizia e del commercio e contesti politico-amministrativi locali, finalizzati ad agevolare il rilascio di concessioni edilizie ovvero per ottenere l’aggiudicazione di appalti nei settori dei servizi pubblici”.
Il territorio pontino viene quindi definito come un’area caratterizzata dalla coesistenza di diverse organizzazioni criminali, in cui le proiezioni delle mafie tradizionali, soprattutto camorra e ‘ndrangheta, convivono e fanno affari con quelle autoctone.
La Dia batte sulla mafia rom dei Di Silvio, sulle ‘ndrine calabresi attive con soggetti riconducibili ai clan Bellocco, La Rosa-Garruzzo, Tripodo, Alvaro, Aquino-Coluccio, Commisso e Gallace. E viene sottolineata la presenza ad Aprilia di esponenti della famiglia Gangemi, vicini ai reggini De Stefano.
Per quanto riguarda invece la camorra, viene evidenziata la vicinanza geografica del sud pontino alla Campania, che rende l’area “una sorta di periferia campana” utilizzabile quale rifugio per i latitanti o dove estendere i traffici illeciti, dal riciclaggio al reimpiego dei capitali nei settori dell’edilizia e del commercio, nonché nel circuito agroalimentare e della ristorazione”.
Attivi in provincia di Latina esponenti dei Casalesi, “storicamente rappresentati dai Bardellino, dai Bidognetti e dalle altre componenti del pericoloso cartello casertano”, dei clan Moccia, Mallardo, Giuliano e Licciardi. “Le consorterie criminali – aggiunge la Dia – si sono dimostrate da sempre interessate all’infiltrazione e al condizionamento degli ambienti imprenditoriali anche a fini di riciclaggio e di evasione fiscale”. Infine la piaga del caporalato “ad opera di imprenditori locali senza scrupoli”.