L’EMBLEMA DEL MALAFFARE CHE FA MALE A TUTTI
Le attività dei Carabinieri, che hanno finora intercettato oltre 130mila conversazioni, avrebbero scoperto un sistema operativo complesso, ben collaudato, potente, prepotente e assai ramificato. Un caso emblematico del potere politico-economico che distorce la vita democratica di intere comunità, stravolge le attività istituzionali e degli uffici pubblici, avvelenando l’ordinato sviluppo dei territori con conseguenze a cascata nel futuro e su tutti noi. Insomma, non un semplice magnamagna del solito politico arraffone o dell’imprenditore tangentaro. Quando fai fare palazzi senza strade, giardini, senza fogne e acqua potabile, hai prodotto molto più che un ‘semplice’ consumo di suolo. Quando pianifichi la stecca su ogni pratica edilizia, ammazzi l’economia sana, fai male alla Vita. Se da eletto dal popolo ti metti ad aggiustare l’iter burocratico per l’imprenditore, magari molto grosso, o fai l’intermediario per far assumere chi è senza lavoro in cambio del voto, rovini 155 anni di Italia unita e libertà. Questo e molto altro risulterebbe nelle indagini che qui citiamo.
COME FUNZIONA ‘IL SISTEMA’
Il sistema che qui raccontiamo coinvolge le province di Roma e Latina, qualche importantissimo istituto previdenziale pubblico e speculatori internazionali di alto rango. Semplificando (molto schematicamente) funziona così. Banche e società di intermediazione finanziaria, con esperti di speculazioni finanziarie e paradisi fiscali, costruttori, politici, impiegati e dirigenti pubblici, portano avanti grossi interventi edilizi che promettono opere pubbliche e ottimi interventi a favore della collettività. Pazienza se i terreni sono pieni di vincoli idrogeologici, storici, agricoli, archeologici… Lo sblocco dell’iter burocratico è garantito su due fronti: i tecnici pubblici preparano permessi a costruire e autorizzazioni varie; i politici – ai vari livelli – approvano i passaggi amministrativi, magari con le opposizioni distratte. I costruttori allungano le mazzette. E fin qui, nulla di nuovo. L’aspetto quasi scientifico del sistema sta nel come far transitare le tangenti. Si costituiscono delle società, anche a decine. Queste emettono fatture per lavori o altre prestazioni in realtà mai eseguite. E così il passaggio dei soldi risulta pulito. Nel frattempo le società di comodo vengono fatte fallire, lasciando anche i creditori con un pugno di mosche. C’è poi il trucchetto degli appalti formalizzati solo dopo che i lavori pubblici sono stati fatti: il politico in combutta con qualche dirigente pubblico fa fare i lavori alla ditta senza gara d’appalto. In seguito, per far recuperare i soldi alla ditta (inclusa la somma della mazzetta da pagare), si fa la gara d’appalto e guarda caso la vince proprio quell’impresa. C’è pure lo spacchettamento dei lavori: si suddividono lavori anche grossi in piccoli lotti e si fanno fare con affidamento diretto, senza gara.
DALLA CEMENTIFICAZIONE ALLA FINANZA TOSSICA
Con le operazioni immobiliari, presentate come sviluppo del territorio, riqualificazione e tante altre belle cose, promettono le opere di urbanizzazione: strade, marciapiedi, lampioni, verde pubblico, parcheggi ecc. E qui spuntano due aspetti, di solito sconosciuti ai più: le fidejussioni e la leva dell’indebitamento. Le fidejussioni (obbligatorie) sono le garanzie finanziarie, una sorta di assicurazione sui rischi di eventuali inadempimenti dei costruttori. Se non fanno le opere promesse, il Comune si prende i soldi della fidejussione. Il problema è che queste garanzie in certe operazioni sono fornite da soggetti inaffidabili, senza adeguate risorse e dediti ai magheggi, al punto che più volte la Banca d’Italia li ha cancellati dall’apposito Albo. Inoltre, e qui sembrano scenari da film ma è così, certi progetti immobiliari sono la ‘scusa’ per fare finanza speculativa della peggior specie, a suon di titoli tossici tipo quelli che hanno fatto crollare le maggiori banche d’affari americane producendo la crisi mondiale ancora in corso. Parliamo dei titoli derivati, l’economia di carta: un tritacarne fatto di complicate e perverse scommesse, nemmeno nelle Borse ma nei cosiddetti mercati non regolamentati, quindi fuori da ogni controllo. Semplificando assai: gli immobili vengono venduti accollando all’ignaro acquirente anche il costo del derivato, l’assicurazione sul rischio che non paghi. Poi quei derivati vengono mercanteggiati nella finanza speculativa internazionale, con società di solito piazzate in paradisi fiscali quindi con un ulteriore danno al Fisco italiano. Non sono ‘fantasie complottiste’, ma fatti reali che succedono intorno a noi: le tangenti ai politici – che magari ora ci chiedono il voto – originano reazioni a catena inimmaginabili. Altro che parassiti: sono virus che ammalano l’economia e la vera concorrenza, rovinano il territorio, abbassano la qualità della vita di chi compra le case autorizzate dalla casta corrotta, promuovono il peggior tipo di finanza speculativa. Chissà se certi politici che prendono le mazzette, ma pure quelli che si girano dall’altra parte, e i loro picciotti negli uffici pubblici se ne rendono conto.
Le indagini si chiamano “Polifemo” (da una frase intercettata: “Chiudemo un occhio”) e “Mercurio”. La prima ha portato all’arresto e alla condanna per mazzette di un Sindaco, poi ulteriormente indagato per usura (trattava i soldi da dare a strozzo nell”ufficio comunale), e di un geometra comunale per una pratica urbanistica su un fast food. La seconda indagine, collegata alla prima, ha visto l’arresto (finora) di due ex assessori della giunta di quel sindaco e di un faccendiere, sempre per tangenti in materia urbanistica. Stesso giro, insomma, in un “sistema di reperimento dei voti” ben rodato, scrivono i Carabinieri. Si attendono, forse tra non molto, ulteriori sviluppi riguardanti anche affari e soggetti della provincia di Latina e altri settori, come la sanità. Ad oggi gli indagati sono 14 e sembrano destinati ad aumentare. Molti sono politici ma c’è anche qualche dirigente pubblico.
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Corruzione, la tassa occulta che c’impoverisce
La Corte dei Conti stima in almeno 60 miliardi il costo nazionale della corruzione in Italia. Il cazzotto allo stomaco è ancora più forte a pensare che ciò avviene sempre più spesso proprio facendo leva sulla selva di norme, regolamenti, circolari, ordinanze ecc. ecc.
Un’idea di quanto possa costarci l’uso distorto delle regole – come grimaldello per scucire mazzette o comunque approfittare del proprio ruolo di potere – ce la offre un recente studio di Federlazio, l’associazione dei piccoli e medi imprenditori. Su questi, la burocrazia pesa per oltre 31 miliardi di euro l’anno, 8 volte quanto lo Stato incassa dall’Imu. Ciò, affermano gli imprenditori, rappresenta uno dei principali fattori di “freno al loro sviluppo”. Non significa che ogni buorcrate è corrotto e che di per sé la burocrazia sia sempre corruttela. È un fatto però che più è ampia e pervasiva e più crescono soggetti e situazioni da “ungere”.
Il personale interno di ogni azienda – dice la ricerca Federlazio – spende in media 19 ore al mese solo per le prime fasi degli adempimenti burocratici, con un costo di circa 7.500 euro l’anno. Talora con casi paraddossali e beffardi come quello delle indagini raccontate nella pagina qui a lato: il supermercato per il quale due assessori e un faccendiere avrebbero preso circa 133mila euro di tangente, in cambio dell’accelerazione dell’iter per farlo aprire, dopo 10 anni dal primo permesso edilizio non ha mai aperto. Con l’azienda, un colosso dei discount, indotta “in uno stato di soggezione psicologica, ponendola nella condizione di accettare il pagamento di un compenso corruttivo, pari a € 132.840, in cambio del rilascio dei titoli abilitativi” – scrive il Giudice per le indagini preliminari – “ponendo in tal modo gli imprenditori in una condizione di dipendenza dall’amministrazione”. Il rispetto delle regole diventa la scusa e il veicolo per commettere reati, strozzare i cittadini e assoggettare gli operatori economici. Un meccanismo che si traduce in tanti disagi, estesi ormai ad intere comunità e all’intera regione, all’intero Paese. Non a caso nella classifica della corruzione mondiale, l’Italia si classifica dopo realtà come Malesia, Rwanda, Botswana, Oman, Romania, Grecia, Ghana. È il CPI Index, che “misura quanto la macchina pubblica di un Paese sia permeata dal malaffare”, spiega l’associazione Transparency Internacional che ha elaborato la classifica. Più è alto quell’indice e minore è la corruzione, considerata da diversi punti di vista: burocrazia, politica, libertà economica, trasparenza amministrativa, criminalità organizzata, sistema bancario e così via. Il senso crudo e crudele di quella posizione in classifica te lo ritrovi nella carenza di asili nido pubblici, nella scuola di tuo figlio senza carta igienica e coi termosifoni spenti; ti cade addosso quando hai bisogno di cure e devi pagare quasi tutto anche alla Asl, quando vai a Roma su tratturi come la Pontina oppure quando vedi aumentare la bolletta idrica ma le reti continuano a perdere nel Lazio circa due terzi dell’acqua. Magari a darti la svegli è la reazione allergica di tuo figlio dopo un bagnetto tra le onde della città Bandiera Blu (è successo l’anno scorso tra Anzio e Nettuno). Insomma, indagini come quelle della Procura di Velletri che stano scoperchiando un sistema non solo marcio, ma anche assai diffuso, e quasi ‘scientifico’ nei suoi ingranaggi, riguardano non più e non solo la cronaca giudiziaria. È il nuovo fronte su cui riflettere e resistere. O almeno prendere posizione: da che parte vogliamo stare? La domanda non è ideale. È una sorta di quotidiano referendum che sarebbe il caso di fare con se stessi. E pure coi propri cari, coi figli e nipoti. Quei meccanismi lì ci impoveriscono materialmente ma pure come popolo, come cultura. Producono più tasse, meno servizi, più inquinamento, città meno belle, minore qualità della vita. Etica, morale, legalità, democrazia? Molto di più, parliamo di Vita. E una buona qualità che rende vivi è prendere posizione.