Il 24 luglio sarà l’anniversario della morte di Arianna. Che evento c’è in programma?
«In Comune mi hanno aiutato a realizzare il mio desiderio, anche se con mille difficoltà per ottenere le autorizzazioni. Ci sarà una cerimonia nella piazza del mercato, un flash-mob, una canzone scritta per lei, dei palloncini in suo ricordo con la scritta “Io sono Arianna”. Ho richiesto la presenza del Sindaco perché l’evento è stato realizzato in collaborazione con i giovani ed è per i giovani, che devono essere tutelati. Quale miglior occasione per le istituzioni per dare un segnale forte di sensibilità?»
Che vita aveva Arianna?
«Ha vissuto una vita normalissima: Arianna era le uscite con le amiche, in centro. Arianna era la scuola che frequentava, la famiglia per bene che aveva alle spalle. Era solare e pulita, con le sue fragilità, come quelle di tante sue coetanee. Della tragedia non posso raccontare perché ci sono ancora indagini in corso, ma Arianna è morta per mano di qualche balordo che si è insinuato improvvisamente nella sua vita approfittando proprio della sua ingenuità e purezza. Tutti, quando è morta, si sono domandati cosa c’entra questa morte con la vita di Arianna?».
Cosa rappresenta quella pianta in memoria di Arianna?
«Quando ho portato Arianna a Roma al campus di Tor Vergata, dove professionisti medici e psicologi si occupano del disagio adolescenziale, ho presentato il problema degli spinelli, che avevano fatto calare la sua attenzione a scuola come avevano notato anche i professori. Il medico mi disse che se avesse un figlio, anche senza alcun tipo di problema, lo avrebbe portato via da Latina. Forse non lo sa, mi disse, ma Latina è una delle città in classifica dove si fa più uso e spaccio di stupefacenti e delle peggiori specie. C’è una percentuale che arriva quasi all’80%. E Latina è una città giovane, è chiaro che sono loro. Quella targa e quella pianta saranno sempre un monito, che la vita non perdona. Un ricordo dolce, ma anche un campanello di allarme per ricordare a tutti gli adulti e ai ragazzi di non abbassare mai la guardia».
Quali sono i luoghi dello spaccio?
«La via dei pub, i parchi. Il Santa Maria Goretti è ora la vecchia Intendenza di Finanza. Quando avevo paura e seguivo mia figlia mi sono accorta dei ragazzi che spacciavano serenamente davanti all’intendenza di Finanza. Mia figlia e le sue amiche erano sedute ad un bar e avevano questi balordi, a due passi, che spacciavano. Nelle scuole manca la prevenzione. Mi rendo conto che serve anche il supporto delle altre istituzioni, perché l’istituzione scolastica da sola può arrivare fino ad un certo punto: ci sono spacciatori che si appostano anche davanti alle scuole medie. Quando una madre lascia un figlio a scuola deve essere certa che sia al sicuro, non devo essere io ad implorare di chiamare la Polizia se viene avvistata una persona che so che rappresenta il pericolo. Io sono sempre stata vigile e non ho mai abbassato la guardia, ma molti genitori lavorano e non hanno la possibilità di farlo».
Chi puntano gli spacciatori?
«Cercano i bravi ragazzi, di famiglie benestanti, che hanno le possibilità. E si appostano nei luoghi che frequentano. Sono ragazzi più grandi, di almeno 20 anni, che poi mettono a spacciare anche ragazzi più piccoli. Sono persone di Latina, che spesso abitano le periferie, ma non solo. Tutto questo accade alla luce del sole, a pochi passi dalle caserme delle forze dell’ordine e alle altre sedi istituzionali».
Quattro denunce sono rimaste negli uffici della Questura. Come si può sopportare?
«Quattro denunce ancora ferme che partono da quando Arianna aveva 13 anni e mezzo. Ho denunciato più volte un soggetto più grande già noto alle forze dell’ordine che si era avvicinato a mia figlia. Sembrava una scheggia impazzita nella vita di Arianna e non si scollava. La plagiava e insieme a lui lei ha cominciato a fumare spinelli. Le forze dell’ordine intervenivano solo dopo le mie segnalazioni. Ma tutto si riduceva a qualche richiamo. Era un soggetto particolarmente pericoloso per mia figlia e quelli come lui lo sono tuttora per tutti i ragazzi, ma nessuno ha fatto niente. Anche portando mia figlia via da Latina, persino in un college in Svizzera, non è bastato: in qualche modo veniva raggiunta da colui che aveva ben individuato la preda da aggredire e di cui approfittare. Le forze dell’ordine mi dicevano che doveva essere Arianna ad andare a denunciare: le denunce da parte della madre non contavano. Ma da lei, giovane ed ingenua adolescente, questo ragazzo non veniva visto come una minaccia, bensì come ragazzo disagiato che aveva bisogno del suo aiuto. Arianna aveva 16 anni quando è morta, e a quell’età si è ingenui ed esposti a mille pericoli. La morte di Arianna era una morte annunciata».
Le indagini sono ancora in corso. Su cosa si sta indagando?
«Le indagini sono in corso su chi ha fornito la sostanza letale che ha ucciso Arianna, e della quale Arianna non aveva mai fatto uso in precedenza. Non si tratta, ovviamente, degli spinelli di cui ero a conoscenza. Io sono stata sempre vigile e attenta. È un tonfo troppo sordo e improvviso perché io possa comprenderlo. Continuo a confidare che sia fatta giustizia e che venga fuori la verità, per me che sono la madre, per tutte le persone che l’avevano a cuore e che sono tuttora scioccate e anche per quelle che non la conoscevano. Arianna è Francesca, Roberta, Maria Chiara, è tutti noi: può succedere a chiunque».
Cosa si può fare per i ragazzi di Latina esposti a così tanti rischi?
«Latina non offre nulla a questi ragazzi, gli toglie gli stimoli. Mancano centri di aggregazione sociale e culturale dove i giovani possano impiegare in modo costruttivo il loro tempo. Manca una biblioteca adeguata ad una grande città dove si possano organizzare gruppi di studio, non c’è un un programma teatrale che possa coinvolgere i giovani. Io sono preoccupata: Arianna non è stata molto fortunata, morire a 16 anni di una cosa che non ti appartiene è un destino crudele e ingiusto. Io sento la necessità di fare qualcosa per i miei giovani di Latina, per tutti coloro che vorrebbero rimanere qui. Ho dato appoggio all’assessore alle politiche giovanili e ai servizi sociali. L’evento del 24 è l’inizio di qualcosa, per aprire scenari di sensibilizzazione. Osservare senza partecipare non serve a nulla».