Tutto da rifare – e si torna in primo grado al Tar del Lazio – per la causa tra il consorzio di Colle Romito e il Comune di Ardea relativa ai dossi posizionati dal consorzio all’interno del centro residenziale e che il Comune, ben dodici anni fa, aveva ordinato di rimuovere perché li considerava pericolosi.
Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di Colle Romito contro la sentenza del Tar, dell’inverso scorso, che confermava l’ordinanza comunale di rimozione. I giudici ritengono che la faccenda debba essere ri-affrontata in primo grado a causa di un errore procedurale.
DOSSI A COLLE ROMITO: SI TORNA IN PRIMO GRADO AL TAR
Secondo il Consiglio di Stato, che ha accolto il ricorso del consorzio Colle Romito, la sentenza del Tar va annullata perché, in primo grado, la “trasmissione dell’avviso di fissazione dell’udienza di merito” è stata inviata “presso un indirizzo telematico diverso da quello dell’avvocato domiciliatario”. Un problema di procedura che giustifica la necessità di tornare al punto di partenza.
DOSSI O ATTRAVERSAMENTI PEDONALI RIALZATI?
Il consorzio Colle Romito, a dicembre 2008, aveva presentato al Comune di Ardea un progetto per realizzare un impianto stradale di rallentatori di velocità per gli attraversamenti pedonali-ciclabili rialzati nel centro residenziale. Il Comune aveva rilasciato il nulla osta, prescrivendo il rispetto di quanto previsto dal Codice della Strada, ma poi, dopo una segnalazione sulla presunta pericolosità di quegli attraversamenti, fatta da alcuni residenti della zona, e dopo un controllo compiuto dalla polizia locale, ne è stata ordinata la rimozione.
Un provvedimento, quello del Comune di Ardea, che il consorzio ha impugnato sostenendo che le misurazioni effettuate dagli agenti sarebbero state sbagliate, battendo sui dossi artificiali, senza rendersi conto che si trattava di attraversamenti pedonali rialzati e utilizzando strumenti inadeguati. Il Tar, però, aveva respinto queste motivazioni: i giudici hanno specificato che, andando oltre la denominazione, il punto è che essi sono risultati difformi a quanto previsto dal Codice della Strada e autorizzato dal Comune. Quella sentenza, però, da pochi giorni è stata annullata dal Consiglio di Stato.