Trent’anni fa il tragico incidente alla stazione di Casabianca, era il 27 gennaio 1992, lo scontro sul binario unico della Roma Velletri. Giovedì 27 Gennaio 2022 nella Cattedrale di Velletri alle ore 17.30 ci sarà la Messa in suffragio delle vittime a seguire commemorazione alla stazione di Velletri. E’ ancora nel ricordo di tutti, ma sono passati esattamente trent’anni da quel 27 Gennaio 1992, quando alle 17.45 all’altezza del passaggio a livello della stazione di Casabianca si verificava un scontro frontale tra due treni, il diretto Roma – Velletri partito da Roma Termini alle 17.30 e quello proveniente dalla stazione di Velletri. Tutto causato da un fatale e maledetto errore umano. Sei furono le vittime, tra queste due veliterni Claudio Milletti e Alberto Zaccagnini. La Fondazione Museo Luigi Magni e Lucia Mirisola con l’ Associazione Apassiferrati e il Dopolavoro Ferroviario di Velletri, hanno fortemente voluto organizzare un momento di commemorazione di quella tragedia perché ne resti il ricordo tra le future generazioni e perché NON ACCADA MAI PIU’. Giovedì 27 Gennaio 2022, come soprascritto presso la Cattedrale di San Clemente alle ore 17.30 avrà luogo la celebrazione in suffragio delle vittime Romeo D’Antimi – Gabriele Giammattei – Tommaso Cuzzoli – Claudio Milletti – Costantino Radu e Alberto Zaccagnini, dopo la Santa Messa alla stazione di Velletri avrà luogo la Commemorazione dell’incidente con la deposizione di un mazzo di fiori. L’invito è a partecipare perché la memoria sia oggi il fondamento principale per trarre le basi per un nuovo vivere fatto della riscoperta di certi valori per tramandare alle future generazioni certi avvenimenti dai quali trarre le forza per lavorare per un futuro migliore.
Cosa accadde nel racconto dello scrittore giornalista e storico veliterno, Alessandro Filippi.
“Che hai fatto? Non doveva partire! L’altro non è arrivato ancora. Dio mio si scontreranno!» Quando ha visto quel treno allontanarsi sul binario della stazione di Ciampino, il mio collega, l’altro capostazione, è arrivato di corsa dal bar, urlando, e mi ha detto così. Allora ho capito che avevo fatto un errore tremendo. Sudavo freddo dalla tensione. Siamo corsi al telefono. Dovevamo fermare quel maledetto convoglio o l’altro. Abbiamo chiamato la stazione di Cecchina per bloccarlo, ma era già passato. Poi un casellante, ma non c’ era, il numero suonava a vuoto…Ero terrorizzato. Alla fine ha risposto. Era passato anche lì. Ed è arrivata la notizia dello scontro, i morti, i feriti…Dio mio”. Potrebbe sembrare l’inizio di un racconto eppure se lo appare è denso di una triste realtà, nasconde sotto le sue pieghe una brutale denuncia alla noncuranza e alla superficialità. Giunta la notizia il cinquantenne Sossio Dolce, ferroviere da trent’anni da poco promosso a capostazione, suda freddo, rimane immobilizzato e, consapevole di aver provocato un disastro non più rimediabile, si dà alla fuga, colto da un istinto difficile da contenere. Intanto lo scontro in velocità e l’inferno. Quel treno, poco prima inconsapevolmente partito da Ciampino con tanta sicurezza, non avrebbe terminato la sua corsa a Velletri e avrebbe impattato, presso Casa Bianca, contro il treno proveniente dal senso opposto che aveva appena lasciato la stazione di Santa Maria della Mole. Così il 27 gennaio 1992 corrono le ambulanze per salvare le vite disperse e abbandonate sui binari, il numero dei feriti sale sempre più, rimangono incerte le morti. Intervengono i vigili del fuoco a soccorrere le persone rimaste intrappolate nel cruento scontro frontale, estraggono il corpo esanime di uno dei macchinisti illuminati solo dalle fotoelettriche perché il sole ancora è timido a gettare luce su un massacro. Sossio vaga per la campagna, contatta i suoi più cari amici e dopo un’ultima telefonata alla famiglia si costituisce al capitano dell’Arma di Castel Gandolfo. Centonovantadue feriti, sei morti e l’accusa di disastro ferroviario aggravato colposo e di omicidio colposo plurimo. Un unico istante, una distrazione minima ma essenziale, ha segnato e sconvolto la vita di sette uomini e delle persone che li amavano
LE TESTIMONIANZE DI CHI C’ERA
Rientravo dal lavoro in auto e il traffico sull’ Appia era bloccato sin dal GRA e non si capiva cosa potesse essere la causa. All’altezza di Ciampino si vedevano numerose muffole blu di ambulanze dentro l’aeroporto. Allo si pensò ad un aereo caduto; solo alla rotatoria della Via dei Laghi si capì che il problema interessava il treno. Mia cognata che viaggiava su quel treno venne proiettata contro la parete del passaggio tra carozze e riportò serie ferite ma la raccontò. Altri non c’è la fecero
Giovanni Savelloni