Tutta la faccenda è iniziata con la Regione Lazio che ha deciso di controllare tutte le esenzioni relative alle prestazioni sanitarie effettuate nel 2009 e nel 2010, anni in cui i cittadini dichiaratisi esenti erano quasi 1 milione: troppi rispetto alla realtà! Sono stati quindi incrociati i nominativi dei richiedenti l’esenzione coi dati risultanti alla Agenzia delle Entrate. E qui è scoppiata la bomba!
IO TI TRUFFO, TANTO NON MI CONTROLLA NESSUNO
Confidando sul fatto che i controlli non erano mai stati fatti così sistematicamente (ma solo ‘a campione’) e che quindi la possibilità di essere pizzicati era assai remota, molti pazienti avrebbero dichiarato di essere esenti dal ticket, quando in realtà non lo erano. Ma la notizia davvero sconvolgente è che a frodare la Regione Lazio ci si sarebbero messe anche farmacie e strutture sanitarie convenzionate, operatori infedeli” dei Cup e dei centri pubblici di prenotazione in ospedali, ambulatori o laboratori Asl, senza contare tutti i dirigenti pubblici che avrebbero dovuto controllare e che per anni non hanno fatto nulla o addirittura (questo naturalmente è da accertare) si potrebbero essere resi complici di queste truffe. Insomma, un enorme flusso di soldi per prestazioni non dovute, che è andato ad aumentare il debito già enorme della Regione Lazio, che oggi tutti noi stiamo risanando, pagando le tasse più alte d’Italia.
LE TRUFFE DEI FALSI ESENTI
Quando c’è la possibilità di guadagnarci, il disonesto (si sa) s’ingegna. Così molti pazienti, quando si sono trovati a richiedere una prestazione sanitaria alle strutture pubbliche, avrebbero presentato agli sportelli autocertificazioni attestanti esenzioni per reddito che in realtà erano false: “Tanto chi controlla?” avranno pensato. Qualcuno magari ha supposto che non pagare il ticket equivalesse a non pagare il bollo o una multa, fatti di per sé già gravi, ma che non portano certo in galera! E invece bisogna sapere che se si presenta un’autocertificazione falsa, oltre a dover pagare poi salate multe, si rischia di dover affrontare anche un processo penale (se il danno va dai 4.000 euro in su).
TRUFFATORI PER ‘IGNORANZA’
Purtroppo in molti casi il paziente ha dichiarato in buona fede di essere esente, senza che ne avesse diritto: il caso più eclatante è quello dell’esenzione certificata dal medico di base che, accertato che il suo mutuato era magari disoccupato o ultra 65enne, non sapeva che questi requisiti non bastavano per l’esenzione, ma doveva accertarsi anche del reddito totale della famiglia.
LE TRUFFE DI FARMACIE E STRUTTURE SANITARIE
La fame di soldi facili (e disonesti) però avrebbe coinvolto anche strutture convenzionate e farmacie. La Procura di Roma sta indagando a tutto campo, ma nulla trapela dalle indagini. Secondo le prime ‘voci’ che abbiamo raccolto al di fuori della magistratura, alcune strutture convenzionate avrebbero chiesto alla Regione Lazio rimborsi relativi ad esenzioni di ticket non dovute, in alcuni casi anche con la complicità di operatori del CUP o di personale agli sportelli di accettazione delle prestazioni sanitarie. Con il paziente ignaro di tutto, i ”furbetti” avrebbero incassato il ticket dal paziente che non era esente e poi richiesto alla Regione lo stesso ticket già incassato, falsificando la documentazione. Sembrerebbero accertati anche moltissimi casi in cui le richieste di rimborso riguardano prestazioni sanitarie in realtà mai effettuate.
CHI È CHE DOVEVA CONTROLLARE?
Queste truffe riguardarebbero gli anni 2009 e 2010, quelli cioè sottoposti a controlli, per cui si ipotizza una cifra a danno della Regione di circa 100 milioni di euro. Purtroppo è facile supporre che quando controlleranno pure gli anni a seguire, dal 2010 al 2015, la somma del danno si alzerà e di molto.
Ora è difficile pensare che tutte le strutture sanitarie che risulteranno eventualmente colpevoli abbiano continuato a truffare la Regione con la sola speranza che nessuno avrebbe mai controllato. È più verosimile che qualcuno possa aver loro garantito una sorta di impunità, se non addirittura suggerito i metodi per accaparrarsi grosse somme non dovute. Chi poteva e doveva controllare (e non l’ha fatto) è solo un incapace o ha avuto i suoi bei ‘vantaggi’ per chiudere un occhio? Queste sono le domande che ci chiediamo e che sicuramente si staranno chiedento anche i magistrati titolari dell’inchiesta.
UNA MAREA DI AVVISI DI PAGAMENTO
La Regione ha inviato a casa dei cittadini del Lazio circa 235.000 cartelle, con avvisi bonari di pagamento. Si tratta di richieste relative appunto a ticket non pagati: in mezzo a questo mare di cartelle ci sono contestazioni esatte, ma anche tante richieste che non sono fondate da fatti reali, ma solo dai tentativi di truffa che abbiamo fin qui descritto. Chi riceve questa cartella avrà come prima difficoltà quella di ricordarsi a 5/6 anni di distanza a quali prestazioni questa faccia riferimento. La difficoltà è poi aumentata dal fatto che le richieste non contegono la desrizione precisa dell’esame o la visita contestata ma, a causa della privacy, dei codici che il comune cittadino naturalmente non riesce ad interpretare. Chi ha avuto il rigore di conservare tutte le ricevute non avrà difficoltà a dimostrare che non deve pagare quelle somme; gli altri dovranno magari farsi aiutare dal medico di base per ricostruire quali esami siano veri e quali no.
IRREGOLARITÀ INCREDIBILI
Certo che molti casi che stanno venendo alla luce hanno davvero dell’incredibile. Come quello della signora che si è vista contestare 76 prestazioni sanitarie effettuate in soli 4 mesi! Oppure le cartelle di richiesta rimborso indirizzate ai bambini! Oppure trovarsi a dimostrare di non aver mai fatto certi esami specifici per una malattia che non si è mai avuta.
REGIONE LAZIO TROPPI ERRORI NELLA GESTIONE DI QUESTA EMERGENZA
Anche se La Regione Lazio in questa vicenda è la parte danneggiata, a lei sicuramente dobbiamo imputare gravissime mancanze: soprattutto quella informativa e quella organizzativa. Infatti, a fronte della marea di avvisi di pagamento, la Regione aveva messo a disposizione un solo sportello, a Roma, un numero di fax, una email e un numero verde, che però è praticamente impossibile contattare. Dando inoltre solo 30 giorni di tempo come termine per contestare l’avviso. Un’impresa impossibile per chiunque!
Ora, preso atto delle proprie gravi mancanze, la Regione Lazio ha prorogato il termine per contestare gli avvisi fino a 90 giorni e istituito decine di punti in tutto il Lazio dove potersi rivolgere per avere chiarimenti (vedi box a pag.2).
REGIONE LAZIO: NESSUNA INDAGINE ‘INTERNA’
Ma tutta la vicenda sembra proprio un nervo scoperto negli uffici regionali competenti: i dirigenti non vogliono nemmeno rispondere al telefono. L’ufficio stampa della Regione Lazio ci ha aiutato a capire alcuni passaggi importanti, ma ci restano molti dubbi. In particolare ci sembra discutibile l’atteggiamento di Zingaretti & Co. di non procedere con un’approfondita indagine amministrativa e, invece, rimandare tutto alle decisioni della magistratura. Se c’è il dubbio che una struttura sanitaria abbia presentato falsa documentazione, i dirigenti regionali sono obbligati a chiedere spiegazioni e valutare le risposte in funzione anche di una sospensione della convenzione col sistema sanitario nazionale per quelle strutture disoneste. La magistratura applicherà poi codice penale e civile, ma nel frattempo la Regione non può far finta di nulla. E l’indagine dovrebbe riguardare anche e soprattutto eventuali responsabilità ‘interne’, perché ci pare proprio impossibile che tali truffe possano essere consumate senza la ‘collaborazione’ di qualcuno che è nella ‘stanza dei bottoni’.
Il Lazio è gravato da un buco di bilancio sanitario stimato in circa 10 miliardi di euro. In questo scandalo il danno quantificato, relativo ai soli anni 2009 e 2010, si aggirerebbe intorno ai 100 milioni di euro, anche se la stima della Regione al momento non raggiunge i 50 milioni. Ma è chiaro che queste truffe sono certamente proseguite anche negli anni seguenti, quelli ancora non controllati, fino ad oggi, nella convinzione che nessuno avrebbe controllato. Se facciamo un stima puramente ipotetica, potremmo avvicinarci al mezzo miliardo di euro, senza contare i decenni precedenti su cui nessuno indagherà.
La vicenda è divenuta ora una maxi inchiesta della Procura di Roma che coinvolgerebbe, al momento, circa 150 persone
DOVE RIVOLGERSI
Via e-mail [email protected]
Col numero verde 800 909 120 attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e anche il martedì e il giovedì dalle 14 alle 17 (ma non sperate troppo di prendere la linea!)
Con raccomandata A/R indirizzata a: Regione Lazio – Contact Center Recupero Ticket in via Rosa Raimondi Garibaldi, 7 ‘Palazzina C’, 00145, Roma, indicando come oggetto ‘Recupero Ticket’ e facendo riferimento al proprio ID (è sulla cartella)
Di persona presso l’ufficio Urp a Roma, in via Rosa Raimondi Garibaldi, 7 ‘Palazzina C’, dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 17
Presso i CENTRI CUP ASL Roma H:
Albano, Via Galleria di Sotto 6
Ciampino, Via Calò 5
Frascati, Via Fermi 2
Nettuno, Via San B. Menni 2
Pomezia, Via Castelli Romani, 2/P
Velletri, Via di San Biagio 13 ASL
Latina Latina, Piazza Celli
Aprilia, Poliamb. Via Giustiniano
Sezze, Via S. Bartolomeo
Terracina, Osp. Civile A. Fiorini
Presso i CENTRI CAF:
Aprilia, Via Giustiniano 10
Aprilia, Via dei Bersaglieri 5
Grottaferrata, P.zza V. Bellini 21
Latina, Via Cerveteri 2/a
Latina, Via Don Minzoni 1
Latina, Via F. Filzi 19
Latina, Via S. Carlo da Sezze 36
Pomezia, Via Ovidio 16/A