Ma torniamo a Grassucci, presentato dalla blogger Stefania De Caro.
È un dialogo sui massimi sistemi? No, un dialogo su tutto quello che affligge l’uomo e la direzione giusta da prendere. Tutti noi abbiamo bisogno di affidarci a colui che è più saggio e sapiente e giusto, per questo percorriamo una strada che ci mette costantemente alla prova e ci insinua il dubbio. Le domande di tutti noi vengono opportunamente riportate in un dialogo immaginario tra i due Papi dal giornalista Lidano Grassucci, come fossero proprio loro a cercare un cammino in questo scorcio storico che necessita di due Pietro. Uno saggio e l’altro umano, alla ricerca di un equilibrio che il cristiano ma prima di tutto l’uomo deve ritrovare. Grassucci riesce a far vibrare le parole del dialogo mescolandole con le storie della tradizione, creando un originale modo di trovare una soluzione che vede forse il mondo migliore, prima con lo sguardo di un padre, poi di una madre e oggi di un bambino.
“Perché ho scritto questi dialoghi? Non ho il dono della Fede, e questo parlare non ha alcuna velleità religiosa. L’ho fatto per dovere verso di me stesso, verso la mia educazione. Ho iniziato a leggere attraverso un libro che raccontava la storia di Santa Teresa d’Avila, con la spiegazione paziente di mia nonna. Nonna leggeva quelle storie dei santi alla luce non della Fede, ma della pietà della mia gente. La pietà è il pezzo di Fede che relaziona con gli altri, è la Fede vissuta con gli altri”.
Parlano due Papi, ma è un dialogo ipotetico, niente affatto teologico ma tutto in quel percorso che è il vivere insieme, in cui c’è chi risolve tutto facendo (in America se c’è un problema prendono un cacciavite) o cercando risposte nel passato (in Europa cercano di trovare l’eguale nella storia e si chiedono perché). Due mondi lontani, ma mondi umani entrambi. Non c’è nel dialogo ragione o torto, la ragione e il torto è visione del mondo quando era uno e c’era solo un Padre, un’idea di domani. Oggi mettiamo in discussione tutto, anche l’idea che il percorso umano è un progresso, è progressivo, è verso una meta positiva. C’è la teoria del limite, del regresso, non del declino che è tornare indietro ma con il medesimo treno, ma della decrescita che è scendere dal treno per andare a piedi. C’è l’idea che il “crescete e moltiplicatevi” è diventato bestemmia, che dobbiamo pensare a “non far nascere”, a “non far sperare”, a “non far immaginare”. Dal culto della speranza, all’idea del finire. In fondo ogni istante della vita del cristiano è stata fino ad ora “speranza di salvezza”, ora c’è “certezza di condanna al termine”. C’è il nodo della scienza che ci pone il limite, il confine. Tornano i tempi del divieto di farsi domande come al tempo di Galileo. Torna l’idea che il pensiero umano è campo del demonio e non dono di Dio, che l’uomo stesso non è creatura di Dio ma agente di Lucifero. Domande che forse mai ci eravamo posti, domande che devi risolvere in dialoghi e non in monologhi. Devi cercare le risposte nella testa, nella memoria, ma anche nel vivere il tempo di queste domande. Non è una riflessione religiosa, è un dialogo tra uomini chiamati ad un servizio, meglio al servizio”.