Vendetti, un soggetto difficile, più volte incappato nelle maglie della giustizia, era in fase di separazione dalla moglie. Una situazione difficilissima quella tra i due, caratterizzata da numerose aggressioni, anche fisiche, da parte del 40enne. Quest’ultimo, dopo aver preso l’auto della donna e aver provocato un incidente, sarebbe arrivato anche al punto di minacciarla di morte nel tentativo di costringerla ad addossarsi le responsabilità per quel sinistro. Senza contare i mille problemi legati all’affidamento del figlio. Una vicenda fuori controllo, che alla fine l’ex suocero di Vendetti, il 71enne Antonio Di Sero, originario di Cefalù ma residente a Fonte Nuova, in provincia di Roma, non sarebbe più riuscito né a gestire né a tollerare. Il 20 giugno 2012, con in tasca una pistola Beretta calibro 7,65, l’anziano è così uscito da casa e, incontrato l’ex genero sotto l’abitazione di quest’ultimo, in viale Kennedy a Ciampino, ha fatto fuoco. Sei colpi. Il 40enne, ferito al collo, al torace, ai glutei e alla spalla sinistra, è spirato dopo pochi giorni di agonia. Di Sero, arrestato, ha confessato subito. Il 71enne ha però sempre sostenuto di essersi solo difeso dall’ex genero che tentava di strangolarlo e che la pistola l’aveva portata con sé soltanto perché si stava dirigendo al poligono ad esercitarsi. Argomentazioni che non hanno convinto i giudici. In primo grado, il gup del Tribunale di Velletri, Zsuzsa Mendola, il 10 dicembre 2014 ha così condannato l’imputato, per omicidio volontario, a 14 anni e 8 mesi di reclusione. Una pena ridotta poi dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma a 9 anni e 8 mesi. Di Sero ha fatto ricorso e la Cassazione, relativamente alla mancata concessione dell’attenuante della provocazione, lo ha accolto. Per la Suprema Corte il “progetto delittuoso” si è sì sedimentato nel tempo, ma va inquadrato alla luce della difficile situazione familiare, protrattasi per anni. Bollando come illogici e contraddittori gli argomenti dei giudici di secondo grado nel negare l’attenuante, la Cassazione ha così su tale aspetto annullato la sentenza, con rinvio alla Corte d’Assise d’Appello di Roma, per una “nuova disamina” di tutte le “risultanze probatorie”, riaprendo magari anche l’istruttoria e fornendo una ricostruzione complessiva della vicenda “completa ed esente da profili di criticità”. Un nuovo processo.
Clemente Pistilli