“C’era una volta, c’è, ci sarà sempre”. C’è una tomba, nel piccolo cimitero di Pratica di Mare, a Pomezia, formata da una grande lastra di marmo grigio retta da quattro leoni, su cui troneggia un grande baldacchino di marmo bianco. C’era una volta, c’è, ci sarà sempre. È la tomba di Sergio Leone, il celebre regista, riconosciuto universalmente come uno dei più grandi della storia.
Negli anni ’60 è proprio qui nel borgo, nel cimitero, nelle fornaci e sul litorale che il Maestro girò alcune scene dei suoi celebri film come “C’era una volta il west” e “C’era una volta in America”. Sergio Leone amava questa zona e amava la vista del mare: proprio per questo motivo, per poterlo ammirare per sempre, il regista chiese, nelle sue ultime volontà, di essere seppellito proprio nel vecchio cimitero di Pratica di Mare. Non fu semplice. Nonostante le sue richieste, alla sua morte, avvenuta il 30 aprile 1989, egli fu sepolto al cimitero del Verano, insieme agli altri grandi orgogli della città di Roma. Solo nel 1997, dopo molte insistenze da parte della famiglia per permettere al regista di vedere esaudito il suo ultimo desiderio e non senza l’opposizione dell’allora Sindaco di Roma, Francesco Rutelli, deciso a non voler “perdere” uno dei più grandi personaggi romani del secolo, finalmente Sergio Leone venne spostato nel piccolo cimitero che egli stesso si era scelto.
Qui riposa in pace, in mezzo al verde e con vista mare, proprio come aveva chiesto. Attorno a lui i vecchi residenti del Borgo, qualche suora, un paio di austriaci fatti prigionieri e poi rimasti a lavorare, un vecchio parroco.
Orgoglio solitario di una città, quella di Pomezia, in cui molti non sanno nemmeno di essere tanto fortunati da avere a pochi passi un maestro del cinema internazionale a cui molti dei grandi registi contemporanei hanno rivolto dediche speciali fin dagli inizi delle loro carriere e al quale ognuno di loro deve molto. Come Quentin Tarantino, che agli inizi della propria carriera, non conoscendo ancora tutti i termini tecnici cinematografici, era solito chiedere ai propri cameraman “give me a Leone”, ovvero “datemi un Leone”, per avere uno di quei suggestivi primissimi piani sui dettagli, marchio di fabbrica del geniale regista romano. Oppure Stanley Kubrick, che dichiarò che se non avesse visto i film di Sergio Leone non avrebbe mai potuto realizzare Arancia Meccanica, o altri come Martin Scorsese, Brian De Palma e Clint Eastwood, solo per citarne alcuni. C’era una volta, c’è, ci sarà sempre. Il maestro dello spaghetti-western, proprio dietro casa.
Negli anni ’60 è proprio qui nel borgo, nel cimitero, nelle fornaci e sul litorale che il Maestro girò alcune scene dei suoi celebri film come “C’era una volta il west” e “C’era una volta in America”. Sergio Leone amava questa zona e amava la vista del mare: proprio per questo motivo, per poterlo ammirare per sempre, il regista chiese, nelle sue ultime volontà, di essere seppellito proprio nel vecchio cimitero di Pratica di Mare. Non fu semplice. Nonostante le sue richieste, alla sua morte, avvenuta il 30 aprile 1989, egli fu sepolto al cimitero del Verano, insieme agli altri grandi orgogli della città di Roma. Solo nel 1997, dopo molte insistenze da parte della famiglia per permettere al regista di vedere esaudito il suo ultimo desiderio e non senza l’opposizione dell’allora Sindaco di Roma, Francesco Rutelli, deciso a non voler “perdere” uno dei più grandi personaggi romani del secolo, finalmente Sergio Leone venne spostato nel piccolo cimitero che egli stesso si era scelto.
Qui riposa in pace, in mezzo al verde e con vista mare, proprio come aveva chiesto. Attorno a lui i vecchi residenti del Borgo, qualche suora, un paio di austriaci fatti prigionieri e poi rimasti a lavorare, un vecchio parroco.
Orgoglio solitario di una città, quella di Pomezia, in cui molti non sanno nemmeno di essere tanto fortunati da avere a pochi passi un maestro del cinema internazionale a cui molti dei grandi registi contemporanei hanno rivolto dediche speciali fin dagli inizi delle loro carriere e al quale ognuno di loro deve molto. Come Quentin Tarantino, che agli inizi della propria carriera, non conoscendo ancora tutti i termini tecnici cinematografici, era solito chiedere ai propri cameraman “give me a Leone”, ovvero “datemi un Leone”, per avere uno di quei suggestivi primissimi piani sui dettagli, marchio di fabbrica del geniale regista romano. Oppure Stanley Kubrick, che dichiarò che se non avesse visto i film di Sergio Leone non avrebbe mai potuto realizzare Arancia Meccanica, o altri come Martin Scorsese, Brian De Palma e Clint Eastwood, solo per citarne alcuni. C’era una volta, c’è, ci sarà sempre. Il maestro dello spaghetti-western, proprio dietro casa.
29/06/2016