Tra le vette sinuose dei Monti Lepini e il Santuario Naturale dei Giardini di Ninfa c’è un collegamento tanto ovvio quanto delicato. Lo sapeva bene Hubert Howard, marito dell’unica erede della casata scomparsa dopo secoli di storia e tra i presidenti della Fondazione Caetani, che ancora oggi amministrai i beni della famiglia. Nei suoi scritti si racconta la storia di un uomo che osservava dai piedi dei monti Lepini riconoscendo il naturale collegamento che c’è tra il cielo, l’acqua che scorre tra le fenditure carsiche dei monti e il particolare ecosistema di quello che è stato riconosciuto dal New York Times come il più bel giardino del mondo. Lo sapeva bene anche Paolo Bono, professore dell’Università La Sapienza di Roma, geologo e tra i più attenti al delicato equilibrio idrogeologico dei Monti Lepini, con i quali ipotizzava un possibile collegamento con altre strutture montuose vicine. Il primo si prodigava per acquistare appezzamenti di terra e attività estrattive di pietra sulle montagne per impedire l’eccessivo utilizzo del suolo, l’altro, studiava passo a passo l’evoluzione naturale del complesso idrogeologico della struttura ed elaborava modelli di quello che poteva succedere con l’intervento dell’uomo. E una delle principali criticità per entrambi poteva essere rappresentato da una attività in particolare, le cave. In particolar modo quelle inserite dentro ai vincoli idrogeologici del Regio Decreto del 1927 che, anche quello in tempi non sospetti, metteva in guardia le amministrazioni dal minare la stabilita delle falde acquifere di determinate zone e che è stato agilmente aggirato da diverse attività, senza troppi problemi. E così, in pieno vincolo, esiste da trent’anni una grande attività, quella della Eples, che tra Cori e Rocca Massima, oltre a quella aperta di cave ne aveva già aperte parecchie. Quella attualmente esistente all’inizio insisteva solo su un territorio privato, ma oggi si è allargato come una gigantesca carie nei grandi “denti” collinari, ed ha ricevuto da poco, l’ennesimo, mega allargamento con il benestare del Comune di Cori. “E’ un problema di occupazione – ci dicono – in quella cava lavorano oltre 70 persone, non si può chiudere da un giorno all’altro”. Insieme a quella cava, però, ne sono state progettate (dal 2007) altre due, una a Colle Medico, in territorio di Rocca Massima, voluto da una azienda veneta, un’altra a Monte Maiurro, sul territorio comunale di Cori, progettato da una società dell’imprenditore edile Bacaloni e di Marco Picca, che con la sua Picca Prefabbricati, ha un gran bisogno di materie prime a prezzi contenuti per soddisfare le commesse che distribuisce in tutta Italia. Considerando soprattutto che siamo in un periodo in cui si attendono risposte per importanti grandi opere come il raddoppio della Pontina, la Cisterna Valmontone, la Tangenziale Nord e altre attività. Il sindaco di Cori Tommaso Conti, su queste nuove cave ha aperto “la madre di tutte le battaglie” per impedirne la costruzione. Per alcuni critici in paese, la battaglia è iniziata tardivamente, per altri non possono essere i comuni a fare il controllo del territorio e di equilibri sovracomunali così ampi.
Sta di fatto che se si costruiscono cave o si allargano quelle preesistenti, si riduce il livello di capacità di filtraggio delle acque, si aumenta la captazione intensiva in altura che abbassa il livello delle falde e si cambia la conformazione chimica delle stesse acque. Con i cambi climatici di cui Paolo Bono aveva già 13 anni fa anticipato i nefasti effetti per l’intera area, il primo e più drammatico sintomo di un cambiamento vero e incisivo nel sistema idrogeologico pontino potrebbe essere il depauperarsi se non l’estinguersi di quella straordinaria commistione di elementi che hanno generato il “giardino più bello del mono”, il paradiso naturale di Ninfa, situato in un luogo strategico, non a caso scelto dalla bonifica come per piazzare un pozzo di captazione che entra nelle falde per quasi 100 metri di profondità e rimette in circolo acque in mezza provincia. Non a caso scelto dalla storia come punto di snodo e di conflitto, non a caso scelto da chi la storia l’ha voluta conservare per sistemare non uno ma ben due parchi naturali (c’è anche quello del “Pantanello”, area protetta del Wwf). Non a caso posto ai piedi di un’area protetta da un vincolo idrogeologico che la Regione Lazio ha più volte, con troppa leggerezza, aggirato.
Sta di fatto che se si costruiscono cave o si allargano quelle preesistenti, si riduce il livello di capacità di filtraggio delle acque, si aumenta la captazione intensiva in altura che abbassa il livello delle falde e si cambia la conformazione chimica delle stesse acque. Con i cambi climatici di cui Paolo Bono aveva già 13 anni fa anticipato i nefasti effetti per l’intera area, il primo e più drammatico sintomo di un cambiamento vero e incisivo nel sistema idrogeologico pontino potrebbe essere il depauperarsi se non l’estinguersi di quella straordinaria commistione di elementi che hanno generato il “giardino più bello del mono”, il paradiso naturale di Ninfa, situato in un luogo strategico, non a caso scelto dalla bonifica come per piazzare un pozzo di captazione che entra nelle falde per quasi 100 metri di profondità e rimette in circolo acque in mezza provincia. Non a caso scelto dalla storia come punto di snodo e di conflitto, non a caso scelto da chi la storia l’ha voluta conservare per sistemare non uno ma ben due parchi naturali (c’è anche quello del “Pantanello”, area protetta del Wwf). Non a caso posto ai piedi di un’area protetta da un vincolo idrogeologico che la Regione Lazio ha più volte, con troppa leggerezza, aggirato.
20/01/2016