La pretesa del contributo volontario è un abuso a cui tanti ragazzi non vogliono più sottostare. «Dirigenti scolastici e professori che impongono il versamento del contributo scolastico sono diventati pane quotidiano anche in molte scuole della nostra città – dicono dall’Uds di Latina – con ragazzi spesso costretti a pagare somme che possono sfiorare i 130 euro dietro la minaccia più o meno velata di non potersi iscrivere alla classe successiva o veder consegnare la pagella. I soldi derivati dai contributi – sottolineano poi dall’associazione studentesca – dovrebbero essere utilizzati per l’ampliamento dell’offerta formativa, invece vengono quotidianamente usati per coprire spese di manutenzione ordinaria», spese che gli istituti stentano a sostenere con i fondi ministeriali sempre più esigui. E allora, per “tirare a campare”, ci si rivolge direttamente ai genitori.
Le scuole rendicontano le spese coperte con i soldi raccolti dal contributo specificando sul proprio sito internet a quali attività o servizi vengono destinate queste somme, ma nulla dicono delle conseguenze cui si può incorrere se ci si rifiuta di pagare. «Anche qui come in molte altre realtà del paese per gran parte delle famiglie – spiega Luca Santangelo, coordinatore dell’Uds di Latina –: il pagamento del contributo volontario è diventato la normalità ma, sommata al costo dei libri di testo e di tutto quanto necessario per frequentare un anno di studi, questa tassa negli ultimi anni ha fatto crescere il fenomeno dell’abbandono scolastico nella nostra città». Questo hanno prodotto anni di tagli alla scuola pubblica, un’istituzione il cui accesso ha costi sempre più elevati e incapace di sostentarsi autonomamente. Il passo verso l’affidamento a privati che suppliscano laddove manca lo Stato è breve. «L’istruzione pubblica e il diritto allo studio – dice Luca rilanciando la campagna di mobilitazione – vanno rifinanziati. Non si possono continuare a coprire anni di contrazioni con contributi imposti alle famiglie».