I soggetti sono stati individuati nei titolari di alcune ditte campane, operanti nel settore ittico del mercato terracinese tramite loro preposti tra cui alcuni pregiudicati, nonché nei titolari di cariche sociali e funzionali all’interno di una nota Cooperativa dei Pescatori di Terracina .Tra i campani responsabili dei reati di truffa ed estorsione figura B.E. di anni 55 di Napoli con precedenti per associazione a delinquere ed altri gravi reati, colpito per altro procedimento da ordinanza di custodia cautelare in carcere proprio durante le fasi dell’indagine ad oggi conclusa; R.A. di anni 45 anch’esso di Napoli già deferito in passato per reati in materia di salute pubblica nel settore alimentare; A.M. di anni 47 incensurata titolare di una ditta commerciale con sede in Napoli; C.M. di anni 66 astatore in Terracina nonché imprenditore nel settore ittico. L’indagine è stata condotta con la direzione del Sostituto procuratore Raffaella Falcione, e con l’ausilio anche di intercettazioni telefoniche che spingevano ad effettuare accertamenti bancari presso diversi Istituti di credito terracinesi, i quali facevano emergere ulteriori fatti-reato in capo a personaggi terracinesi che rivestivano importanti cariche sociali e funzionali all’interno della citata Cooperativa. Tra questi l’allora Presidente M.D. di anni 63 e F.V. di anni 52, all’epoca dei fatti ragioniere nonché responsabile del settore amministrativo, che a loro volta e a vario titolo si rendevano responsabili rispettivamente dei reati di frode fiscale e riciclaggio di denaro provento di illeciti. L’indagine scaturiva da mirati e coordinati servizi, pianificati dai citati Commissariati di P.S., finalizzati a verificare la presenza sul territorio di infiltrazioni criminali nelle attività commerciali del litorale terracinese-fondano, e portavano ad incentrare particolare attenzione sulle attività commerciali, anche del settore ittico e del relativo indotto.
Il modus operandi attraverso il quale i titolari campani delle ditte operanti su questo territorio hanno provocato in danno della Cooperativa del pesce un buco contabile vicino al milione di euro, si è delineato attraverso complicità interne ma anche esercitando atti estorsivi con reiterate minacce nei confronti di chi doveva aggiornare quotidianamente la contabilità interna. Infatti venivano falsificati i dati contabili della Cooperativa attestando pagamenti di prodotti, in realtà mai avvenuti, consentendo così alle Ditte campane di partecipare alle aste del pesce aggiudicandosi la maggior parte del prodotto ed alterando il regolare andamento degli incanti mediante la fissazione di un prezzo d’asta, nonchè offerte e rilanci non conformi ai prezzi di mercato. Ciò ha danneggiato in primis i soci-pescatori, mai più pagati per il prodotto conferito, ma anche gli altri operatori commerciali che subivano l’alterazione delle dinamiche concorrenziali trasferendole in termini di rapporto qualità/prezzo al consumatore finale. In tal modo detti pregiudicati campani riuscivano a trasportare la maggior parte del pescato fresco sui mercati e nelle pescherie di Napoli e provincia, mentre a Terracina e Fondi restava per lo più la parte residuale, pagata a prezzi portati al rialzo durante l’asta giornaliera dagli stessi soggetti i quali ben sapevano che non avrebbero mai pagato il dovuto. Quando le citate “anomalie” contabili sono emerse nel Consiglio di Amministrazione della Cooperativa, grazie alle relazioni del commercialista esterno alla Cooperativa stessa a cui non erano sfuggite alcune discordanze, ormai era troppo tardi. Infatti, oltre al danno prodotto all’Amministrazione finanziaria dello Stato, venivano colpiti anche i soci pescatori che dal settembre 2010 e sino a tempi recenti non avevano percepito i dovuti compensi per mancanza di liquidità nelle casse della Cooperativa e che, a causa della conseguente catastrofe economico-finanziaria, in taluni casi hanno dovuto ipotecare le proprie barche, le proprie abitazioni oltre che la sede storica ed operativa della Cooperativa stessa. Il definitivo dissesto finanziario ed il fallimento della citata Cooperativa dei pescatori, che ormai non poteva contare su canali di credito, veniva scongiurata grazie agli sforzi dei pescatori e al contributo dell’Associazione generale delle Cooperative italiane. Gli accertamenti bancari esperiti in vari Istituti di credito locali hanno poi fatto emergere una contabilità occulta e parallela a quella ufficiale della Cooperativa, per la quale è stato contestato all’allora Presidente M.D. il reato di frode fiscale. Nel corso degli accertamenti veniva poi indagato per riciclaggio il ragioniere della Cooperativa, in quanto titolare di conti correnti bancari sui quali transitavano ingenti somme di denaro in alcun modo giustificate.