Da almeno 40 anni lo smaltimento dei rifiuti tra Castelli Romani, litorale, Latina e provincia, così come nel resto del Paese, è sotto controllo di un oligopolio di imprese che nel frattempo è divenuto un monopolio. Un gruppo di aziende, facenti capo sempre alle stesse persone. Un giro che, come dicono le migliaia di pagine dell’inchiesta giudiziaria che il 9 gennaio ha portato agli arresti di Manlio Cerroni e altri 6 personaggi del settore, non ha mai perso il vizio di raggirare gli enti locali e i cittadini. Lo hanno fatto quasi sempre con la complicità di politici e funzionari pubblici che nella migliore delle ipotesi facevano finta di non sapere ciò che accadeva sotto i loro occhi.
La finzione è ancora oggi in corso, perché le inchieste che recentemente hanno coinvolto Manlio Cerroni (il “supremo” proprietario degli impianti di smaltimento di Malagrotta, Guidonia e Cecchina), il suo “gruppo” con a capo l’ex Presidente della Regione Lazio Bruno Landi inseritissimo a Latina, Francesco Colucci (socio di Cerroni in Ecoambiente Srl) e Giovanni De Pierro (proprietario ufficiale dei terreni dove c’è la discarica della stessa Ecoambiente a Borgo Montello, Latina confine con Nettuno), non sono altro che l’ultimo anello di una catena infinita di finzioni amministrative, dove in realtà i controllori hanno sempre preso ordini dai controllati. Cosa ne hanno ricevuto in cambio è il classico segreto di Pulcinella. A svelare l’esistenza di questo “cartello”, ben 14 anni fa, fu la Commissione parlamentare d’inchiesta sul traffico dei rifiuti e dei reati connessi, presieduta a quel tempo dal deputato dei Verdi Massimo Scalia. La specifica relazione, piena zeppa di riferimenti di indagini in corso in tutta Italia e di sentenze di condanna già emesse, è stata approvata all’unanimità dei suoi componenti ed è agli atti del Parlamento dal 29 marzo 2000. Ma da allora nulla è cambiato.
Esattamente come avvenuto per le dichiarazioni del pentito di camorra Carmine Schiavone: parla di fusti tossici a Latina, già dal 1996, quando alla Presidenza della Regione Lazio c’era Piero Badaloni e nel ruolo di Assessore all’Ambiente c’era l’attuale indagato Giovanni Hermanin, l’ex Presidente regionale dei Verdi e dell’associazione ambientalista Legambiente, ora indagato con Cerroni & co. per associazione a delinquere sui rifiuti. Quelle attività che ora vengono a galla con le inchieste delle Procure di Roma (Cerroni e De Pierro) e di Milano (Colucci) sono sempre andate avanti come se nulla fosse mai successo. Un dato di fatto che era già stato anticipato nelle conclusioni di quell’importantissima relazione parlamentare. Conclusioni che sono oggi più che mai attuali e che qui di seguito riportiamo. La relazione nelle conclusioni prometteva di fare presto luce anche sul modo in cui i gruppi imprenditoriali legati all’immondizia si aggiudicavano gli appalti effettuati dai Comuni.
In particolare si voleva verificare se l’occupazione massiccia riscontrata in questo settore, incideva negativamente sulla trasparenza delle procedure d’appalto e se gli stessi imprenditori partecipavano a società miste con i Comuni affidatari. Questo è esattamente ciò che è avvenuto dalle nostre parti con il Consorzio Coema (Cerroni, Acea e Ama) per l’impianto di Roncigliano – Cecchina dove Cerroni è socio di fatto con il Comune di Roma e con la Ecoambiente di Borgo Montello dove lo stesso Cerroni e i Colucci, attraverso la Latina Ambiente, sono soci di fatto del Comune di Latina. Poi uno si domanda perché non si riesce a fare una raccolta differenziata con impone la legge, prima ancora che il buon senso. Tutto sta a capire chi sono i veri controllori e chi i veri controllati.