Prima i sanitari dell’ospedale Goretti di Latina avevano ritardato la diagnosi.
Dopo qualche mese avevano diagnosticato la recidiva del menigioma (un tumore benigno che crescendo comprime sul cervello).
I chirurghi lo avevano operato non rimuovendo interamente la massa, chiudendo erroneamente il cranio, provocando infezioni settiche e soprattutto senza informare il paziente e i familiari dei rischi e delle alternative all’operazione. L’uomo era in seguito deceduto.
L’avvocato Renato Mattarelli che ha assistito la famiglia dell’uomo di Latina ha così descritto l’accaduto.
Per il Tribunale di Latina c’è stata responsabilità dei sanitari della neurochirurgia del Goretti. Ma la responsabilità a loro ascritta è stata riconosciuta limitatamente alla lesione del diritto del paziente di autodeterminarsi liberamente se fosse stato dovutamente informato dai medici delle conseguenze dell’intervento e del rischio “tipico” delle infezioni chirurgiche.
In pratica l’ospedale è colpevole di non aver bene informato il paziente prima dell’intervento chirurgico.
Da qui il risarcimento di 30mila euro alla moglie e alle due figlie.
La sentenza del Tribunale di Latina
Secondo quanto riportato dai giudici di Latina nella sentenza n. 920/2024, l’uomo di Latina deceduto ha
«…patito delle sofferenze connesse alla sua impreparazione all’intervento ed alle conseguenze di esso; a causa del deficit informativo, il paziente ha subito un pregiudizio, non patrimoniale (di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente.
Si trae da tali considerazioni un apprezzamento, quale pregiudizio rilevante sul piano risarcitorio, delle sofferenze del tutto presumibilmente derivate dall’inatteso aggravamento, nei mesi successivi al trattamento, della sintomatologia dolorosa e del suo stato fisico generale, con insorgenza anche di una osteomielite a seguito delle infezioni contratte nella fase post operatoria».
E ancora:
«L’omessa informazione sulle possibili conseguenze dell’intervento, ha avuto come conseguenza sorpresa, impreparazione, maggiore afflizione nella percezione del proprio stato e nell’affrontare le cure, conseguenze pregiudizievoli tanto più presumibili e tanto più rilevanti quale danno risarcibile, quanto meno prevedibile potevano considerarsi le complicanze delle aderenze riscontrate e della contrazione di infezioni nosocomiali (nella specie, come detto, statisticamente ricorrenti, come evidenziato dal CTU solo in una percentuale limitata di casi)….».
I familiari preparano l’appello
L’avvocato Mattarelli farà appello alla sentenza per ottenere l’integrale risarcimento.
Secondo il legale che rappresenta la famiglia del defunto non è stata fatta completa giustizia perché la condotta dei sanitari del Goretti «è stata la causa, o quantomeno la concausa, del decesso del 80enne».
«Le gravi infezioni ospedaliere contratte dal paziente potevano infatti essere evitate applicando i protocolli e conseguentemente poteva essere evitata la grave debilitazione che non può non aver contribuito al decesso del paziente», spiega il legale.
«Soprattutto, per il legale della famiglia, la assoluta mancanza del consenso informato (nel senso che non c’è nemmeno un minimo documento informativo dei rischi, alternative, complicanze dell’intervento) ha causato prima il danno alla salute del paziente e poi il decesso.
Semplicemente: se il paziente fosse stato informato di cosa stava andando incontro, non si sarebbe mai sottoposto all’intervento chirurgico e conseguentemente non avrebbe subito, prima, le complicazioni, l’aggravamento della patologia tumorale e le infezioni e, dopo, il decesso o l’anticipazione del decesso».
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