La misura è colma, il cosiddetto “gioco” d’azzardo è un’epidemia. Siamo la seconda regione in Italia, dopo la Campania, per spesa pro capite in scommesse e altri azzardi: oltre 1.850 euro a testa bruciati nel 2011. Fa male alle persone, alle famiglie, e impoverisce l’economia assorbendo enormi flussi di denaro senza dare nulla indietro ed esponendo all’usura.
Tecnicamente, è quello che si chiama un moltiplicatore negativo. Dicevano che l’azzardo legale andava favorito per portare soldi al Fisco e ridurre l’illegalità. Falso: solo 19 anni fa lo Stato ci guadagnava circa il 30%. Negli ultimi anni, invece, ha iniziato a prenderci sempre meno, fino al misero 9% del 2012. Anno in cui l’azzardo ha ridotto il reddito delle famiglie italiane di almeno 17 miliardi, come documenta un recente dossier del Prof Maurizio Fiasco della Consulta nazionale antiusura. Dal 1994 ad oggi è cresciuta di 7 volte la spesa in consumo di azzardo, ma si sono dimezzate le vincite vere, quelle cioè sopra i 500 euro.
Una crescita al contrario che ricorda le cellule cancerogene: crescono rapidamente, con metastasi che arrivano prima o poi dappertutto. Infatti, ormai ad occuparsi di questa epidemia sono i SerT, i servizi tossicodipendenze. Ma nelle istituzioni qualche anticorpo resiste: sta riscuotendo continue adesioni il “Manifesto dei Sindaci per la legalità contro il gioco d’azzardo” e la parallela iniziativa per una legge che dia ai Sindaci ed ai Comuni concreti poteri in materia. È infatti soprattutto sui Comuni che ricade il peso sociale, sanitario ed economico dei disastri provocati dalle macchinette mangiasoldi. E i Sindaci, massima autorità in materia sanitaria nel proprio Comune, si stanno accorgendo che l’azzardo patologico minaccia le loro città. Dopo 9 mesi dal lancio dell’iniziativa, lo scorso 14 gennaio, nel Lazio sono solo 4 finora le amministrazioni comunali che hanno sottoscritto il Manifesto: tre in provincia di Latina – Formia, Lenola e Sermoneta – e Ladispoli in provincia di Roma. Insieme ad altri 290 Comuni italiani «si impegnano ad utilizzare tutti gli strumenti disponibili per esercitare tutte le attività possibili di contrasto al gioco d’azzardo». Una pacifica rivolta, rappresentativa ad occhio e croce di almeno 7-8 milioni di italiani. Vogliono decidere anch’essi come amministratori locali sull’apertura delle sale slot, su orari e distanze minime dai luoghi sensibili (ad es. scuole, chiese ed altri centri di aggregazione, specialmente giovanile).
Vogliono inoltre un coordinamento con le forze dell’ordine, Asl e altre istituzioni sanitarie per prevenire e curare le patologie dell’azzardo.
Chiedono poi serie verifiche fiscali sulle macchinette e un monitoraggio contro infiltrazioni malavitose e che sia data ai Comuni una parte dei soldi raccolti dall’azzardo per la cura dei dipendenti dall’azzardo e la prevenzione dell’azzardo patologico. I Comuni con moltissime associazioni propongono anche una moratoria, cioè di congelare l’immissione di nuovi “giochi” e di impedire la pubblicità dell’azzardo. Divieto, quest’utlimo, ora in vigore nel Lazio da agosto. Il Manifesto è sostenuto anche dall’Anci, l’importante associazione dei Comuni d’Italia, insieme all’altra campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”, per porre un freno allo spaccio di azzardo di Stato che, con la scusa di regolamentare, ha trasformato il Bel Paese in un enorme casinò fuori controllo.
Il 9 ottobre verrà presentato il disegno di legge di iniziativa popolare con queste richieste. Molti Sindaci in prima persona promuoveranno la raccolta delle 50mila firme necessarie per portare la proposta in Parlamento.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche la Regione Lazio, terza in Italia ad aver emanato una propria legge su questa scottante materia, dopo Emilia Romagna e Liguria. Purtroppo, alcuni degli importanti buoni propositi non possono attuarsi, in attesa della concreta applicazione della normativa introdotta col famoso decreto Balduzzi convertito nella legge 189 del primo novembre 2012. In partciolare, la distanza minima delle sale slot dai luoghi “sensibili” non è ancora stata individuata. Dovevano farlo entro 120 giorni dal primo gennaio scorso.
Dare regole certe ed efficaci per la legalità e la riduzione del danno in fatto di azzardo, resta un terno al lotto.
Cosa aspettano, però, tutti gli altri Sindaci del Lazio ad aderire al Manifesto dei Sindaci per la legalità contro il gioco d’azzardo?
30/09/2013