Ci passi comunque a largo di Torre Argentina, che tu debba andare al Pantheon, a piazza Venezia o a Campo de’ Fiori. E mica ci badi al fatto che, oltre al teatro, c’è una torre medievale e un parco archeologico con quattro templi romani dell’età della Repubblica. Largo Argentina non te lo fa notare, non si dà arie per niente, è un posto così. Non c’è romano però che non sappia chi comanda dove nel 44 a.C. fu assassinato Giulio Cesare. Il Caffè di Roma è andato a cercare sua maestà il gatto e ne ha parlato con Silvia Zerenghi, volontaria dell’Associazione culturale colonia felina di Torre Argentina. Sotto i binari del tram, dove sembra che i gatti suonino il jazz, Silvia ricorda che molti si trovavano tra le rovine sin dagli anni ‘30: “erano oggetto di affettuosa attenzione da parte delle gattare e dei gattari del quartiere. Tra loro c’erano due attori del teatro Argentina, Antonio Crast e Franca Stoppi, che erano riusciti a farsi dare le chiavi di un deposito inutilizzato e lì vi tenevano il cibo per animali”. Oggi l’Associazione, “oltre al sostentamento ed alla cura dei gatti residenti, promuove attivamente la sterilizzazione come unica risorsa contro il randagismo e l’abbandono”. Un paio d’occhi verdissimi ti fissano arroganti dalla base di una colonna millenaria mentre scopri che gli ospiti della colonia sono in media 130 e – spiega Silvia – “avendo cibo, acqua e tranquillità a disposizione, ed essendo tutti sterilizzati, difficilmente si allontanano. Talvolta può accadere che qualcuno trovi l’ambiente troppo affollato e cerchi di andarsene: se possiamo, cerchiamo urgentemente una casa sicura per l’ospite irrequieto”. Hanno il microchip? “Il regolamento in merito ancora deve essere perfezionato ed aspettiamo che venga emanato. Per i gatti che vanno all’estero la microchippatura è obbligatoria e quindi i nostri veterinari provvedono”. Come si comportano i turisti stranieri con i nostri gatti? “I turisti sono la fonte di sostentamento del rifugio: poiché non abbiamo aiuti pubblici, riusciamo a gestire il rifugio e ad aiutare i privati indigenti nelle sterilizzazioni grazie alle loro donazioni, siano esse acquisti di piccoli oggetti fatti a mano dalle volontarie, calendari o adozioni a distanza dei nostri gatti. I turisti amano vedere bei gatti su belle rovine, associano Roma a questa immagine”. Poi Silvia racconta al Caffè la dolce storia di Revlon: “un gatto rosso, un po’ malconcio, non più giovane, mollato nell’area sacra. Viene a vedere il rifugio una signora giapponese con una lunga gonna scozzese e Revlon impazzisce! Sale in braccio, si strofina alla gonna, si avvolge nella stoffa come se riconoscesse un plaid, il suo plaid! Il racconto finisce sulla pagina facebook Gatti di Roma-Roman Cats ed amici lontani spediscono un plaid in tartan tutto per lui”. Appare ora evidente dove Walt Disney sia andato a pescare Romeo, il “ber micione” infilato di soppiatto tra gli Aristogatti parigini, tanto per chiarire chi è “er mejo”, una volta per tutte! Patrizia Artemisio
03/07/2019