L’azione civile è stata decisa il 16 settembre scorso dalla giunta Fucci, dopo la notifica da parte del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Velletri, Zsuzsa Mendola, che ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero, Giuseppe Travaglini, della , si legge sulla delibera di giunta.
La vicenda che ha portato al rinvio a giudizio della dipendente municipale risale al 12 marzo scorso, quando finirono agli arresti domiciliari l’ex dirigente all’Urbanistica, Anna Ferrazzano – che all’epoca era anche consigliere comunale di maggioranza a Nettuno, ndr – e il titolare di uno studio di architettura romano, ora entrambi tornati in libertà. Sei mesi fa per la dipendente – ritenuta dagli investigatori stretta collaboratrice della Ferrazzano – venne deciso l’obbligo di dimora. Uguale provvedimento fu notificato anche all’assistente dell’architetto della Capitale. Misura restrittiva non più sussistente anche per loro. Per tutti e quattro le ipotesi di reato contestate dal Gip della Procura di Velletri, Giuseppe Cario, erano quelle di soppressione e occultamento di atti veri, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. Tutte ipotesi di reato che sarebbero state commesse in concorso tra i quattro indagati. In sostanza, secondo i carabinieri della compagnia di Pomezia che hanno condotto le indagini coordinate dal Pm Giuseppe Travaglini, la dirigente, la sua segretaria e i due architetti romani avrebbero corretto e sostituito progetti già approvati o ancora da approvare dal consiglio comunale
L’indagine partì a gennaio 2011, quando i militari si resero conto di presunte anomalie in diversi atti urbanistici. Iniziarono a scavare andando a ritroso e ripercorrendo l’iter burocratico di ciascuna delibera. Gli investigatori notarono che molti degli atti passati al setaccio sarebbero finiti nello studio professionale romano che intanto era diventato un consulente del Comune. L’indagine avrebbe permesso di ricostruire i contatti e le relazioni esistenti all’epoca tra l’ufficio Urbanistica dell’Ente e lo studio tecnico capitolino. Secondo gli investigatori la dirigente municipale, attraverso la sua collaboratrice, avrebbe fornito al titolare dello studio di architettura una parte delle delibere, così da poterle modificare a proprio piacimento prima dell’approvazione in consiglio.
Grazie agli elementi acquisiti con intercettazioni telefoniche, perquisizioni e sequestri eseguiti negli studi professionali e nella sede del Comune di Pomezia, Procura e carabinieri avrebbero accertato che gli indagati avevano prodotto una falsa proposta di deliberazione sul Piano particolareggiato di Pomezia centro, che sarebbe stato sostituito a quello originariamente redatto. Tutto ciò prima che il consiglio comunale potesse deliberare, in modo che fosse approvato il testo sostituito e non quello originale. Così il 27 settembre 2011 l’assemblea approvò una versione del Ppe che consente l’edificabilità di circa diecimila metri cubi di edilizia residenziale in più rispetto alla versione reale. Gli indagati avrebbero poi fatto sparire il piano originale.
Al processo il Comune si costituisce parte civile. «Il rinvio a giudizio di un dipendente comunale – ha spiegato il sindaco, Fabio Fucci – è un fatto grave che lede il prestigio e l’immagine dell’Ente. È nostro preciso compito tutelare l’istituzione che rappresentiamo e i cittadini che in questa istituzione ripongono una legittima fiducia, che non deve in alcun modo essere disattesa. La nostra lotta per la legalità è nota e va applicata proprio a partire dalla struttura interna che compone la macchina amministrativa».