Il protrarsi dell’emergenza sanitaria ne ha imposto una rimodulazione, ma la mensa della Caritas mantiene fede alla propria missione. Il presidio del capoluogo rappresenta da sempre un punto di riferimento per le persone in difficoltà, per chi «travolto dalle vicende della vita non è in grado di assicurarsi un pasto caldo», racconta Ivan Fausti, attuale responsabile del servizio.
AUMENTO ESPONENZIALE DEGLI OSPITI: FINO 140 AL GIORNO
Aperto dal 2003, lo stabile nel quartiere Villaggio Trieste è dotato di diversi servizi, rimasti attivi fino a febbraio 2020. Oltre alla sala con tavoli e sedie dedicata alla consumazione dei pasti, sono presenti cucina, magazzini, locali doccia, una zona per il barbiere, uffici per i colloqui. «Per un periodo si apriva anche per la colazione, ovviamente il tutto prima dello scoppio della pandemia; fino ad allora in media si contavano 70 o 80 pasti giornalieri (seduti) – spiega Antonio Marafini, volontario di lungo corso –, successivamente i numeri sono aumentati fino ad arrivare a 140 sacchetti, contenenti i pasti e distribuiti dai volontari. Anche sotto questo aspetto il covid ci ha messo a dura prova decimando le squadre». Molti volontari, infatti, hanno deciso di interrompere il servizio per paura di essere contagiati, perché avanti con l’età o perché hanno contratto il virus. La distribuzione dei pasti avviene tutti i giorni dalle 16 e 30 alle 19 e ogni sacchetto contiene un primo, un secondo piatto con contorno, una frutta, un dolce, del pane e una bottiglietta d’acqua. I pasti vengono consegnati agli utenti, che non possono usufruirne all’interno della struttura a causa delle restrizioni da Covid-19. All’esterno, comunque, è presente la Protezione Civile a controllare che non si verifichino assembramenti. Il cibo proviene per lo più dalle donazioni, «testimonianze di solidarietà che riceviamo costantemente – dice il direttore della Caritas Angelo Raponi –. Quelle sotto le feste poi sono state eccezionali». Alimenti ma non solo, c’è chi ha anche donato surgelatori e chi ha deciso di trasformare l’obbligatorietà della chiusura del proprio esercizio commerciale in una giornata in mensa. «Il giorno di Natale il titolare di un bar è venuto da noi con la sua schiera di dipendenti e con le materie prime assicurando il servizio, cucinando, preparando i sacchetti e distribuendoli. Il giorno prima invece l’Istituto San Benedetto di Borgo Piave ci ha fatto pervenire 30 chili di mozzarelle. Bisogna ammettere che sono state tantissime le dimostrazioni di vicinanza sia dall’associazionismo sia dai privati», rivela Fausti.
UTENZA VARIEGATA, CIRCA IL 30% GLI ITALIANI
Ma chi sono le persone che si recano alla mensa della Caritas e di che volumi parliamo? «Dall’ottobre del 2018, quando è stato introdotto il controllo elettronico degli ospiti, sono passati per la nostra mensa circa 1600 persone – ci spiega Ivan Fausti –. L’estrazione degli utenti è variegata, almeno la metà vengono dal dormitorio comunale. Gli altri ospiti non sono solo persone senza fissa dimora, qui viene a prendere il sacchetto anche chi ha situazioni alloggiative critiche come per esempio chi ha le utenze domestiche staccate o ha semplicemente un guasto alla cucina e non è nelle condizioni di riparlarla tantomeno di mangiare fuori. Sicuramente si tratta di persone sole con situazioni critiche che il covid ha amplificato, anche nei numeri. Molti dei nuovi utenti hanno perso il lavoro o hanno avuto difficoltà economiche legate alla pandemia. Comunque possiamo dire che gli ospiti di nazionalità italiana sono circa il 30%».
I TEMI SUL TAVOLO
L’attuale organizzazione della distribuzione del pasto attraverso sacchetti presenta alcuni inconvenienti, quali la produzione dei rifiuti, tema questo molto a cuore ai residenti della zona. «Siamo d’accordo con i comitati cittadini che hanno evidenziato il problema e con loro abbiamo rappresentato al comune l’esigenza specifica, come anche abbiamo richiesto la predisposizioni di bagni chimici. Dal comune ci hanno fatto sapere che l’argomento è sentito e che si arriverà ad una soluzione».