Il nodo riguarda soprattutto le modifiche relative ai parametri Isee sulla base dei quali tutte le famiglie dovranno contribuire al pagamento del servizio in quota parte o addirittura coprire interamente il costo se raggiungono un reddito di 15mila euro l’anno, troppo basso per la stragrande maggioranza dei genitori. Il “prezzo” del singolo pasto – 4,80 euro – è infatti rimasto immutato, ma rispetto allo scorso anno i genitori sono chiamati a versare di più. Le famiglie avevano proposto di alzare il tetto a 18 mila euro, di sospendere il servizio e infine di consentire alle famiglie più disagiate di portare i pasti da casa. «Non c’è nessuna legge che lo vieti, come invece ci viene detto dall’amministrazione – avevano sottolineato – secondo la quale una scelta del genere violerebbe le regole di igiene.
Allora su queste basi anche la merenda che mio figlio porta in classe non è igienica e quindi non dovrebbe essere permessa». Il Comune però ne fa anche una questione di eventuale discriminazione tra bambini che in una fase della crescita così delicata non può essere tollerata da un Ente pubblico. «Abbiamo ascoltato con attenzione i suggerimenti dei genitori – ha detto la vice sindaco Elisabetta Serra -: le proposte che ci sono state fatte erano già state vagliate dall’amministrazione che è ben consapevole del disagio economico che si è venuto a creare per le famiglie. Per quanto riguarda un eventuale cambiamento rispetto ai parametri Isee, non possiamo intervenire sulla parte economica perché dietro di essa vi è uno studio relativo alla sostenibilità del servizio da parte dell’Ente. La sospensione temporanea del servizio di refezione scolastica, invece, è una strada che non possiamo percorrere, perché il Comune ha l’obbligo di garantire il tempo pieno per gli studenti e di conseguenza anche il servizio mensa che, se sospeso, non farebbe che spostare interamente il problema sulle spalle degli istituti scolastici. Problema che si ripresenterebbe anche nella terza ipotesi avanzata – rendere facoltativo il pasto alla mensa – a cui si va ad aggiungere il rischio di creare situazioni di discriminazione tra i bambini». Il dirigente Maceroni ha comunque sottolineato la possibilità, da parte delle famiglie, di prelevare i bambini da scuola (esclusivamente) nell’orario dedicato al pasto. Una soluzione difficilmente praticabile, però, se a lavorare sono entrambi i genitori.
«Ci rendiamo conto che i cambiamenti intervenuti hanno creato preoccupazione all’interno delle famiglie e siamo consapevoli che nessuna spiegazione da parte nostra potrà alleviare tale disagio – ha aggiunto la vice sindaco -: invito comunque i genitori a considerare che, se come giunta oggi ci troviamo a sostenere tali cambiamenti, sicuramente impopolari, è perché siamo davvero convinti che possano andare nella direzione di un servizio migliore e più economico per le famiglie. Inoltre, garantiamo controlli e monitoraggio sul servizio, con una presenza costante della Commissione mensa all’interno delle scuole, ed un’attenta verifica sulle richieste di esenzione, con l’invio dei dati alla Guardia di Finanza per i controlli». Infine, per quanto riguarda la data di inizio del servizio, la Serra ha chiarito che il Comune è in attesa che gli istituti scolastici vengano messi in condizione dal Ministero di comunicare l’organico completo dei docenti, precondizione necessaria alla partenza del servizio di refezione. «Nel frattempo ci stiamo attivando affinché, fino a quel momento e quindi nelle prossime settimane, venga attivato dove sarà possibile – ha concluso – un servizio post-scuola in accordo con le associazioni del territorio e gli istituti scolastici». Risposte che tuttavia non hanno soddisfatto i genitori che il 17 settembre scorso sono scesi in piazza per manifestare il loro dissenso.