STABILITÀ TRABALLANTE
Questa è una delle “pieghe” (meglio dire “piaghe”) che si trovano nei risvolti della Legge di stabilità approvata nei giorni scorsi dal Consiglio Regionale del Lazio. Una legge che, occorre riconoscerlo, è inevitabilmente condizionata dalle scelte compiute dalle passate amministrazioni regionali e che pertanto lascia ben pochi spazi di manovra.
Dei circa 40 miliardi che l’Amministrazione regionale si troverà ad amministrare per l’annata corrente, in realtà solo 16 sono realmente gestibili: il resto sono tutti soldi vincolati da impegni di spesa pregressi. Del resto anche le altre Regioni italiane non è che se la passino molto meglio.
A testimoniare questo fatto è intervenuta recentemente una ricerca condotta dall’ufficio studi della CGIA di Mestre. La quale, in altra analisi, rileva che dei 10.763 euro di tasse pagate in media da ogni lavoratore dipendente, auotonomo, pensionato ed impresa nel Lazio, 870 sono per tributi regionali (dato 2012, ultimo disponibile).
SPESA LIEVITATA
L’organizzazione che da oltre 65 anni pubblica ricerche a tema economico e sociale per conto della locale Associazione Artigiani e Piccole Imprese, ha analizzato i bilanci approvati negli ultimi 10 anni da tutte le Regioni italiane. Al netto dell’inflazione, nel suo complesso tale spesa è cresciuta del 74,6% arrivando alla bella cifra di 89 miliardi di euro: il quadruplo del gettito previsto per l’IMU e TASI nello scorso anno a livello nazionale, per intenderci. Nel 2010 (ultimo dato disponibile riferito ai bilanci di previsione) le uscite complessive delle Amministrazioni regionali hanno superato i 208,4 miliardi di euro. In tale classifica il Lazio si piazza al decimo posto con 3.988 euro di spesa pro-capite l’anno: queste uscite nel loro complesso sono quasi raddoppiate nell’arco di un decennio passando da 11,72 miliardi di euro dell’anno 2000 a 22,66 del 2010.
USCITE NON GIUSTIFICATE
La CGIA sottolinea il fatto che le Regioni spesso sono finite nell’occhio del ciclone per spese “non giustificate”, infatti il Lazio è andato ad elezioni anticipate proprio per questo motivo – vedi vicenda “Batman – Fiorito”. Ma nella sua analisi la stessa CGIA ha cercato anche di capire l’andamento di ogni singola competenza funzionale, al fine di sottolineare l’importanza assunta ormai dalle amministrazioni regionali nel nostro Paese. Questo perché nel 2001 l’Italia ha assunto un aspetto istituzionale decentrato attraverso un’apposita riforma. È stata soprattutto l’attribuzione della gestione diretta della sanità, inclusi i costi socio-sanitari dovuti all’invecchiamento della popolazione, a far decollare le spese di ogni Regione: seguono i trasporti pubblici e gli aiuti al sistema economico. Infatti sono proprio queste 3 voci a caratterizzare la posizione in classifica del Lazio. Quanto vi pesino inefficienze, sprechi e ruberie varie al momento non è dato da sapere, ma è di certo che qualcuno ci guadagna sempre e comunque: le banche.
LAZIO, ALTRO AUMENTO IRPEF
Anche questa volta quindi il Consiglio Regionale laziale, scavalcando gli oltre 2.600 emendamenti proposti dalle opposizioni (soprattutto dal Movimento 5 Stelle) ha dovuto ritoccare verso l’alto l’addizionale regionale dell’Irpef, che sale così al 3,33% con decorrenza dal 1° gennaio 2015, anche se “solo” per i soggetti con reddito imponibile oltre 35 mila euro. D’altro canto, saranno però confermate le esenzioni per i soggetti con reddito fino a 50 mila euro e tre figli a carico, introdotte dalla legge di stabilità 2014 assieme a quelle per contribuenti che non superano i 28 mila euro complessivi. Il tutto in attesa della ripresa economica che verrà (forse) e che dovrebbe lasciare qualche spicciolo in più nelle tasche dei contribuenti.
Lazio, per cosa si spende di più?
Nel Lazio le principale uscite che fanno lievitare la spesa sono così quantificate:
1) SANITà (assistenza medica, finanziamento delle ASL, veterinaria, ecc.) che pesa per il 62% sul totale e 2.473 euro l’anno, che corrispondono a circa 6,8 euro al giorno pro-capite.
2) Trasporti (soldi alle aziende di trasporto pubblico locale, realizzazione e manutenzione infrastrutture, ecc.) con il 6,6% sul totale e 265 euro pro-capite l’anno.
3) Sviluppo economico (contributi per industria, artigianato, commercio, finanziamenti all’agricoltura e al turismo, ecc.) con un’incidenza del 3,7% sul totale e 147 euro pro-capite annui.