«A gennaio mia madre di anni 83 doveva eseguire una visita per l’accertamento d’invalidità civile alle ore 10.27 in via dei Castelli Romani alla Asl di Pomezia (Roma H). Io e mia figlia accompagnavamo mia madre, giunti sul posto notavo che l’ascensore era guasto e con mio disappunto abbiamo iniziato a salire le scale, durante la salita mia madre cade, io e mia figlia con l’aiuto di una terza persona l’aiutiamo a salire fino alla sala d’attesa dove poi l’avrebbero chiamata per eseguire la visita. Appena entrate nella stanza dico alle 4 persone addette alla valutazione ciò che era accaduto e faccio accomodare mia madre con evidenti segni e sangue sulla gamba, cosa che assolutamente non poetva passare inosservata… silenzio totale! I due uomini alla mia destra iniziano a parlare tra loro come se niente fosse, le due donne alla mia sinistra controllano le cartelle cliniche ed i referti allegati. Ci congedano poco dopo dicendo che mia madre necessita di una visita neurologica e mi invitano a prendere appuntamento allo sportello senza dire nient’altro. Uscite dalla stanza io e mia figlia, non riuscendo a sorreggere il peso di mia madre che barcollava ancora per l’accaduto, mi accorgo che il ginocchio e la caviglia erano gonfie, la faccio sedere sulle scale e molto arrabbiata vado alla ricerca del direttore lasciando mia madre in compagnia di mia figlia. Andata di nuovo al primo piano notavo che la guardia non era al suo posto e ho aspettato per circa dieci minuti e dopo mi sono recata allo sportello dove si ritirano i reperti e chiedevo alla ragazza di chiamare il direttore e mi sentivo rispondere che lo stesso non era in sede e dopo avergli spiegato l’accaduto mi ha ignorato completamente continuando il suo lavoro come se niente fosse e quando le chiedevo di fornirmi le sue generalità lei me le negava. Dopo tanto vedo arrivare il direttore e scopro che era una delle persone che si trovavano nella stanza dove mia madre aveva effettuato chiamiamola “visita”, seguito dal suo compagno di chiacchiere. Tutti preoccupati insistono per soccorrere mia madre dicendomi che quando mi chiedevano nella stanza cosa avesse fatto mia madre io non gli rispondevo, cosa assolutamente non vera. Io stessa prima di chiamare il direttore mi sono preoccupata di avvertire l’ambulanza e loro dopo aver saputo che stavano arrivando si prestavano di togliere mia madre dalle scale con una sedia a rotelle a disinfettargli le ferite e misurargli la pressione, mentre mi venivano chieste le mie generalità. Mia madre non c’è bisogno di dirlo che è stata portata nella stanza e soccorsa solo ed esclusivamente per non farla trovare in quelle condizioni a dir poco surreali dagli infermieri dell’ambulanza. Chiedo che sia fatta giustizia a nome mio e di mia madre e vi ringrazio anticipatamente».
Lettera firmata