La moglie ha così chiesto i danni e, dopo un primo braccio di ferro davanti al pretore di Latina, la donna si è vista riconoscere un indennizzo dal Tribunale del capoluogo pontino. Per un problema procedurale, nel 2007 la sentenza è stata però annullata dalla Cassazione e il caso è approdato davanti alla Corte d’Appello di Roma. I giudici capitolini, all’inizio di luglio 2011, hanno ritenuto che la moglie del lavoratore dovesse essere risarcita con 50mila euro per il danno subito alla sfera sessuale e di 25mila euro per il danno morale. Estrusione Italia, la società che a Sezze produceva profilati in alluminio, ha bussato nuovamente alla porta della Corte di Cassazione, sezione lavoro, ma questa volta invano.
La spa aveva sostenuto, tra l’altro, che l’operaio non aveva avuto un problema irreversibile sul fronte sessuale, ma solo un’impossibilità a procreare, un’aspermia, destinata a regredire nel tempo e che la moglie non aveva dimostrato di volere altri figli, particolare che escludeva l’ipotesi che fosse danneggiata da tale situazione. Per l’azienda, infine, la donna sarebbe stata separata da tempo dal marito e questo secondo particolare avrebbe definitivamente escluso l’ipotesi del danno. Gli ermellini sono invece rimasti convinti dalla sentenza d’appello, hanno rigettato il ricorso e il risarcimento per la moglie dell’infortunato è garantito.