È solo la punta della discarica la retata che il 9 gennaio ha messo agli arresti domiciliari la presunta cupola della lobby dell’immondizia capeggiata dall’87enne Manlio Cerroni. 7 arresti e 21 indagati (incluso Marrazzo). Giusto due settimane dopo, scoppia un altro scandalo giudiziario sul settore, l’ennesino, che rimanda anch’esso ad intrecci politico-affaristici del Lazio: arrestato e messo in carcere Francesco Colucci, vera superstar del business dei rifiuti e dell’acqua a Latina e nel Lazio da almeno 25 anni. La vicenda anche qui riguarda rifiuti e bonifiche di un sito a Milano (ex polo chimico di Pioltello).
Ora le indagini e i processi devono fare il loro corso e vige la presunzione di innocenza per tutti. Ma, mettendo insieme alcune delle tantissime coincidenze, viene fuori un puzzle da incubo e che fa molto riflettere su come sia stata e sia tuttora controllata la gestione dei rifiuti, su come l’area tra i Castelli Romani, il litorale a sud di Roma, Latina e provincia sia da almeno tre decenni stretta in una morsa. E le ganasce sono i due gruppi di potere adesso finiti sotto inchiesta. Gli investigatori e i giudici per le indagini preliminari sono convinti che si tratti di giri molto pericolosi che fanno affari coi rifiuti mediante intrecci sottotraccia, mazzette, mancati controlli o verifiche aggiustate, autorizzazioni ed atti fatti “sotto dettatura” dei lobbisti, inquinamento, ricatti ai pubblici amministratori, menzogne, soffocamento della concorrenza. Se Cerroni non è più un illustre sconosciuto all’opinione pubblica, dopo il suo arresto, molti si domanderanno “chi è questo Colucci?”. È un socio di Cerroni.
E guarda il caso, l’inchiesta che ha portato all’arresto di Colucci il 22 gennaio, è partita proprio da alcune intercettazioni disposte dal sostituto Procuratore della Repubblica di Latina Giuseppe Miliano. Più precisamente, Francesco Colucci è presidente ed amministratore delegato della Unendo Spa, socio privato e leader di fatto della Latina Ambiente accanto al socio di maggioranza (succube) il Comune di Latina. A quest’ultima società, alla scadenza del suo mandato e due giorni prima delle elezioni comunali nel novembre 1997, l’allora sindaco del capoluogo pontino Ajmone Finestra affidò in tutta fretta la gestione dei rifiuti della città, perché – dicevano – avrebbe garantito un servizio più economico e di migliore qualità. Questo sebbene un’altra società, la Slia, avesse fatto un’offerta meno costosa di oltre il 12% e sebbene mancasse agli atti il certificato antimafia dell’azienda del Colucci. Comunque, quella gara era fatta in casa, tra amici: anche la Slia era riconducibile a Cerroni.
Altro passaggio delicatissimo: le 21 persone inquisite dell’amministrazione comunale di Anzio dalla procura di Velletri nel dicembre 1997, per voto di scambio e turbativa d’asta proprio sull’affidamento del servizio rifiuti alla Colucci Appalti Spa. Accuse poi finite in prescrizione. C’è poi la schiera di tecnici trasversalmente devoti alle ditte di entrambe le famiglie Cerroni e Colucci da San Giuliano a Cremano (Na). Affianco ai due pezzi da 90, c’è Bruno Landi, già arrestato durante Tangentopoli per presunte mazzette sulle autorizzazioni di impianti per i rifiuti, ora arrestato con il “supremo” (così veniva chiamato Cerroni in alcune telefonate dai suoi uomini). Chi è? È l’Amministratore delegato, ora congelato, della Latina Ambiente, definito dal gip di Roma che lo ha arrestato “legale rappresentante di numerose aziende del Cerroni (e suo braccio destro), presidente di Federlazio-Ambiente, uomo dalla navigata esperienza politica (è stato anche Presidente della Regione Lazio)”, “con il ruolo di ‘cerniera’ tra il gruppo Cerroni e le strutture politico-amministrative della Regione Lazio”. Landi è anche Amministratore delegato della Ecoambiente, una delle due società che gestiscono la megadiscarica di Borgo Montello, al confine tra Latina, Nettuno ed Aprilia, vicinissima a Cisterna. Lì da presidente della Regione nel 1990 autorizzò con due ordinanze (n. 76 e n. 215 del 1990) l’invaso 2B per rifiuti industriali e tossico-nocivi. Creando così la pattumiera del secondo polo chimico-farmaceutico italiano, quello tra Pomezia, Aprilia e Latina. E se a Borgo Montello scaricavano contro la legge fino alla primavera dell’anno scorso il tal quale, l’immondizia non differenziata né trattata, c’è un’altra notizia “bomba”: a Viterbo ed anche nella discarica cerroniana di Albano, al confine con Ardea e Pomezia e a due passi da Aprilia, “dal 1° ottobre stanno conferendo i propri scarti nelle rispettive discariche di servizio, superando, di fatto, gli accordi assunti con le amministrazioni locali e quanto riportato nel D.M Ambiente del 9 gennaio 2013”.
Firmato: il commissario all’emergenza rifiuti di Roma e provincia Goffredo Sottile. Così ha scritto l’ex prefetto al Ministero dell’Ambiente. Morale: scaricare i rifiuti fuorilegge e dove non previsto è un sistema niente affatto superato. E per giunta “con la disponibilità delle Amministrazioni locali”, precisa Sottile. Ora accanto agli imbarazzati ed impauriti silenzi di politici, funzionari ed amministratori pubblici, è facile puntare il dito contro i “cattivi” della lobby dei rifiuti sbattuta in prima pagina. Dove stavano gli amministratori pubblici, e dove stanno i sindaci e gli amministratori regionali? Perché non fanno fare, come è nei loro poteri, serie verifiche? Di fronte al conclamato sovvertimento della legalità e all’accertato inquinamento sotto le discariche di Latina ed Albano, quei posti sarebbero da far rivoltare come un calzino. Di fronte ad indagini giudiziarie che parlano di truffe colossali in danno della collettività, si dovrebbe pretendere una revisione dei contratti con i padroni del servizio rifiuti. Invece nessun amministratore regionale o comunale si sogna di far rivedere i prezzi e di far ispezionare i siti e pesare dai propri tecnici i camion dell’immondizia all’ingresso delle discariche. Stanno lasciando tutto come prima. Stesso copione del servizio idrico: guarda caso la Pontina Ambiente ed il consorzio Coema (che voleva fare l’inceneritore ad Albano) e la Pontina Ambiente di Cerroni (discarica di Albano) hanno sede allo stesso indirizzo del quartier generale di Acea a Roma; mentre Colucci, attraverso Emas Ambiente spa in liquidazione da oltre 10 anni, è da sempre socio di Acqualatina.