Piombo 305 volte oltre i limiti di legge, manganese 12 volte i limiti di legge, ferro 11 volte i limiti di legge, nitriti 10 volte i limiti di legge, floruri 7 volte i limiti di legge, alluminio 5 volte i limiti di legge, arsenico 3 volte i limiti di legge. Non sono i veleni della “Terra dei Fuochi”, ma i valori riscontrati nella falda coperta dalla discarica di Albano (Cecchina, Roncigliano), al confine con Ardea e Pomezia. Dati inediti, attesi da anni, e comunicati dall’Arpa Lazio – l’Agenzia regionale protezione ambientale – il 10 gennaio. Guarda caso, proprio il giorno dopo che sono stati arrestati e messi ai domiciliari il padrone ed il direttore tecnico di quella discarica, Cerroni Manlio e Sicignano Giuseppe, altri uomini della galassia Cerroni e i due dirigenti regionali Fegatelli Luca e De Filippis Raniero. Retata disposta con l’ordinanza di custodia cautelare, che ha notificato 21 avvisi di garanzia (anche all’ex governatore Marrazzo e all’ing. Guidobaldi Bruno di Genzano, direttore tecnico dell’impianto TMB annesso alla discarica), ed ha ordinato sequestri per più di 18 milioni di euro e disposto perquisizioni in tutt’Italia. Le analisi riguardano un arco temporale di circa 5 anni, dalla stessa Arpa, un po’ dalla Asl e, soprattutto, dalla cerroniana Pontina Ambiente, cioè dai gestori della stessa discarica. Colpisce il fatto che le più recenti analisi dell’Arpa siano dello scorso settembre, dopo un lungo periodo lasciato esclusivamente al monitoraggio dei gestori privati, nonostante diversi allarmi e richieste di approfondimenti da parte dell’Arpa stessa. Gli ultimi prelievei dell’Arpa, infatti, risalgono al settembre-ottobre 2011 (comunicato il 18 novembre di quell’anno). Il punto interessato dalla contaminazione è la falda acquifera prossima al 7° invaso, l’assai controversa buca per seppellire immondizia non differenziata a pochi metri dall’abitato di Villaggio Ardeatino. Il blindatissimo invaso, circondato da muraglioni e da un imponente terrapieno (tuttora sotto indagine della Procura di Velletri), ben visibile dalla via Ardeatina al km 24,650, fu collaudato il 26 luglio 2011 da Regione Lazio, Provincia di Roma, Arpa Lazio e Comune di Albano (tecnici Arch. Domenico Gatti e Arch. Alberto Gemma con l’ing. Luca Andreassi delegato ai rifiuti del Sindaco Nicola Marini). E sempre, guarda caso, si tratta di quel 7° invaso sul quale il giornale il Caffè invano aveva chiesto dettagli e lumi all’allora Assessore provinciale all’ambiente Michele Civita, poi “promosso” Assessore delegato ai rifiuti regionale con il governatore Zingaretti. Il 7° invaso si trova a 175 metri ed “a monte” delle numerosissime case di Villaggio Ardeatino, Montagnano e Montagnanello, che “tirano” dai pozzi di casa l’acqua necessaria per vivere, con arsenico e altri elementi chimici, pericolosi per la salute umana e l’ambiente, in gran quantità, e ancora prive d’un acquedotto pubblico. La comunicazione delle analisi e le stesse analisi di cui parliamo sono controfirmate dall’ingegner Fabio Ermolli, dirigente responsabile del “Servizio Suolo, Rifiuti e Bonifiche dell’ARPA, già manager in società di Cerroni. Ermolli è stato travolto in prima persona dall’inchiesta su cerronopoli e sospeso (con retribuzione) a tempo indeterminato dall’incarico. Ermolli, più in generale, era colui che “supervisionava” le operazioni di prelievo delle acque dai pozzi, e le successive analisi, di tutte le discariche regionali. Oltre ai 7 parametri fuorilegge suindicati, c’è un altro aspetto molto grave: ancora non arriva la “Caratterizzazione Interna” della discarica, cioè quelle analisi approfondite (per davvero) delle acque sotto il 7° invaso e dei terreni tutt’intorno, formalmente richiesta dall’Arpa a novembre 2011. Da quel momento, però, silenzio tombale. Da parte anche della Regione e delle Amministrazioni Comunale di Albano, Ardea e Pomezia nonché della Conferenza dei Sindaci dei Comuni dei Castelli Romani che sversano nel 7° invaso. Sindaci che conoscevano il problema. Ma nessuno è intervenuto. Intanto a Velletri la Procura indaga sulla collocazione dei pozzi-spia, sulla “bontà” delle analisi, sulle distanze dalle case e sullo stesso collaudo del 7° invaso. Ma, certo, la domanda sorge spontanea: gli amministratori sapranno imprimere, almeno ora, il necessario cambio di rotta nella gestione del ciclo dei rifiuti o staranno ancora ad aspettare? I sindaci, almeno adesso, porteranno avanti la “caratterizzazione interna” della discarica di Roncigliano, per garantire la bontà dell’acqua che utilizzano i cittadini, o continueranno ancora ad accontentarsi di quello che gli raccontano altri soggetti? Fino a quando si trincereranno dietro i timbri di altri enti? I valori fuorilegge con cui è contaminata l’acqua sotto la discarica, per legge dovevano essere trasmessi a Regione, Provincia e Comune di Albano, oltre che all’Arpa. Si presume, dunque, che fossero note quelle contaminazioni. Come mai non è successo nulla? Per 146 volte la presenza di veleni nelle falde acquifere sottostanti la discarica di Roncigliano ha sforato, negli ultimi 5 anni, i limiti ammessi dalla legge. Per ognuno di questi singoli casi, gli Enti Pubblici competenti avrebbero dovuto imporre al “privato”, proprietario del sito, una diffida formale e successiva bonifica del sito. Viceversa, negli ultimi 5 anni è stata ingiunta alla società Pontina Ambiente di Manlio Cerroni una sola e singola diffida, emessa dalla Provincia di Roma il 18.01.2012. Eppure il Comune di Albano, in prima battuta, ma anche la Provincia di Roma e la Regione Lazio avrebbero dovuto emettere altre 145 diffide, così come previsto dal Testo Unico Ambientale (Legge n. 152/2006), ed altrettante bonifiche. E il Sindaco di Ardea ne sa nulla? Non hanno niente da dire al Comune di Ardea? Ora perché i sindaci non chiedono quantomeno di rinegoziare le condizioni e i prezzi per portare i rifiuti in discarica? Perché non attivano immediatamente seri controlli con propri tecnici sulla pesatura e la modalità di trattamento e smaltimeno dei rifiuti?
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