La Procura cala un altro asso – un’istruttoria di ben 500 pagine – e il “clan dell’immondizia” non vengono scarcerati. Il tribunale del Riesame, vale a dire i giudici competenti per le richieste di scarcerazione di persone ristrette con provvedimenti cautelari, conferma gli arresti domiciliari per il ras dei rifiuti, Manlio Cerroni, e gli altri 6 personaggi arrestati lo scorso 9 gennaio dal Noe dei carabinieri dopo lunghe ed approfondite indagini. Il Riesam, ha accolto le richieste del giudice per le indagini preliminari e della Procura della Repubblica di Roma rigettando integralmente le richieste delle difese che avevano sostenuto che non era possibilie tenere ai domiciliari gli indagati, specialmente l’87enne Cerroni e Bruno Landi, considerati il capo e il n. 2 della presunta associazione a delinquere che avrebbe monopolizzato la gestione ed il traffico dei rifiuti nel Lazio. Obiezioni che non hanno trovato accoglimento di fronte a nuovi, pesanti approfondimenti investigativi della Procura: i sostituti Alberto Galanti e Simona Maisto hanno prodotto un’ulteriore ed articolatissima istruttoria documentale di circa 500 pagine in cui avrebbe messo in luce in maniera inedita una fitta quanto inquietante rete di intrecci tra Cerroni ed il suo gruppo con pericolosi esponenti della criminalità organizzata. intrecci che varcherebbero i confini del Lazio, estesi tanto al nord quanto al meridione dell’Italia. Il quadro tracciato dagli inquirenti è stato ritenuto credibile e fondato dal tribunale del Riesame, che ha perciò confermato le misure cautelari per tutti i 7 personaggi messi agli aresti domiciliari in attesa dell’inizio del processo a loro carico, per accuse pesantissime che vanno dall’associazione a delinquere, al traffico di rifiuti, dal falso in atti pubblici (contestao anche all’ex governatore Marrazzo), all’induzione in errore (avrebbero cioè ingannato la giunta regionale per garantire gli affari di Cerroni & co.). Non si escludono ulteriori sviluppi dell’inchiesta, ancche in considerazione dell’altra indagine – partita da Latina – che ha portato all’arresto di Francesco Colucci, altro big dell’immondizia e “soico” in affari del Cerroni. I due, infatti, sono presenti come leader della discarica di Borgo Montello a Latina, capeggiata da Bruno Landi, già presidente della Regione Lazio negli anni ’80 (quando in tale veste deide la stura alle continue proroghe ed autorizzazioni su quel sito, ora travolto da varie bufere giudiziarie). Alcuni terreni di quell’area sui quali si trovano l’attuale invaso dove scaricano i rifiuti, uffici e magazzini della società Ecoambiente che gestisce l’invaso stesso, sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza, insieme ad altri beni della società Capitolina srl. Quest’ultima è la proprietaria di quei terreni, dati in affitto alla Ecoambiente di cui è amministratore delegato il Landi (fino a pochi giorni fa AD anche di Latina AMbiente, ditta dell’immondizia del capoluogo pontino). Con Cerroni e Landi, agli arresti restano pure i dirigenti regionali Luca Fegatelli e Raniero De Filippis, accusati di essere al servizio del monopolio cerroninao, che – secondo l’accusa – schiacciava la concorrenza illegalmente ed ogni forma di libera decisioni da parte delle autorità pubbliche, con la complicità di importanti e diffusi pezzi delle istituzioni e politici.