È questa, in estrema sintesi, la ‘ricetta’ di Roberto Salustri, ecologo di Albano della Reseda onlus, per tentare il salvataggio dei due bacini vulcanini in fortissima sofferenza ormai da tempo. Lo abbiamo intervistato su tali problematiche, ecco le sue risposte.
Lago Albano e lago di Nemi, due specchi lacustri in grave difficoltà: i problemi e le cause sono gli stessi?
Per quanto riguarda l’abbassamento del livello le cause sono le stesse, cioè l’eccessivo consumo delle falde idriche da parte delle attività e della popolazione dei Castelli Romani. Le falde si ricaricano con la pioggia ma la popolazione residente e le attività economiche consumano il 110% dell’acqua disponibile, il risultato è la diminuzione del livello delle falde e il conseguente abbassamento dei laghi che dalle falde sono principalmente alimentati. I laghi non si abbassano perché si preleva acqua direttamente dai laghi, verrebbe compensata da quella della falda che alimenta i laghi, ma perché si abbassa tutta la falda idrica, è un problema di tutto il territorio dei Castelli Romani, non è limitato solo al circondario dei laghi.
I problemi differiscono rispetto all’inquinamento, infatti nel Lago di Nemi incide di più l’agricoltura con i concimi e i diserbanti chimici, mentre al Lago Albano è maggiore l’impatto delle case e degli esercizi turistici come ristoranti e bar. Le coste del Lago di Nemi sono più salvaguardate con la presenza di larghi fragmiteti (ecosistema ripariale formato dalle canne/fragmites) importanti per la riproduzione delle specie ittiche e per l’avifauna, mentre le coste del Lago Albano sono molto più edificate e occupate dagli esercizi turistici.
Da quanto tempo i laghi sono in sofferenza?
Sicuramente il primo lago ad avere problemi di inquinamento è stato quello di Nemi negli anni ‘70, sia per le sue minori dimensioni sia perché il paese di Nemi scaricava i suoi liquami direttamente nel lago, quando si realizzò il depuratore la situazione migliorò ma il primo enorme danno era stato già fatto.
Fu uno dei motivi per cui abbiamo proposto, e ci siamo battuti per anni, per l’istituzione del Parco Regionale dei Castelli Romani. In particolare la professoressa Anna Maria Duranti e altri ricercatori avevano già lanciato l’allarme sull’eutrofizzazione del lago di Nemi a causa dell’eccessivo inquinamento in esso riversato.
Per quanto riguarda l’abbassamento del livello dei laghi il problema si è originato alla fine degli anni ’60, con il boom edilizio, ci sono voluti 30 anni per svuotare le falde idriche sotterranee e poi iniziare lo svuotamento dei laghi, dei torrenti e delle sorgenti a partire dagli anni ‘80.
Un problema che ha poi interessato anche il Lago Albano
La maggiore dimensione del Lago Albano ha solo ritardato la proliferazione delle alghe rosse a causa dell’inquinamento, infatti anni dopo questo fenomeno è iniziato anche in questo bacino lacustre.
Altra differenza, la cui spiegazione è un po’ tecnica, è che il Lago di Nemi dipende meno dalle falde idriche e più dal ruscellamento, mentre il Lago Albano più dalla falda e meno dal ruscellamento. In ogni caso le sorti dei due laghi, e di tutte le zone umide dei Castelli Romani, sono legate in quanto l’idrologia superficiale è legata con quella sotterranea e viceversa. Una curiosità sul Lago di Nemi, l’altezza sul livello del mare della sua superficie è maggiore di quella del Lago Albano.
Le soluzioni
Le soluzioni sono le stesse, bisogna ridurre almeno del 30% il consumo di acqua e preservare il suolo. E’ necessario un piano che comprende diverse azioni. Lo abbiamo delineato in questi anni anche grazie al lavoro svolto all’interno del contratto dei laghi e dei fiumi dei Castelli Romani, anche detto contratto di falda. Il piano prevede tre linee di azione, una riguarda preservare il suolo, quindi nessuna nuova costruzione su tutto il territorio, solo recupero dell’esistente. La seconda linea riguarda le buone pratiche di risparmio idrico nel settore civile, agricolo e industriale. Azioni di risparmio idrico sia riguardanti i comportamenti ma anche con progetto di recupero delle acque e di risparmio nell’irrigazione e nel consumo industriale dell’acqua. La terza linea riguarda la rigenerazione degli habitat, sia quelli lacustri sia quelli forestali, con particolare attenzione al sistema idrogeologico superficiale fatto da fossi, torrenti, zone umide e foreste.
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