Tutto nasce da un problema di abuso non demolito, sul quale però la Procura della Repubblica a maggio di due anni fa aveva archiviato il procedimento poiché i lavori contestati da un esposto erano stati regolarmente comunicati al Comune “senza che siano pervenute diffide o contestazioni da parte dell’ente in ordine alla liceità dell’opera”.
Parliamo della “gabbia di battuta” coperta per essere utilizzata anche durante la stagione invernale. Opera realizzata con la presentazione di una “Cila” senza contestazioni.
A maggio 2023 era arrivata la diffida a “demolire opere abusive realizzate sul suolo comunale”.
Il Comune sostiene che la stessa demolizione era stata già chiesta a settembre 2020 e sollecitata a gennaio 2023.
Il 14 giugno la comunicazione dell’avvio del procedimento di decadenza della convenzione sottoscritta dieci anni prima – fra l’altro in cambio di migliorie all’impianto – che ora è revocata.
La sentenza
“Sia pure nei limiti della presente fase cautelare, non appare rilevante ai fini della domanda di annullamento – si legge nell’ordinanza del Tar – la circostanza che tutte o parte di esse siano o meno imputabili all’attuale ricorrente, posta la continuità di gestione di quest’ultima con i soggetti precedenti (da essa indicati come potenziali autori degli abusi medesimi);
la coincidenza soggettiva del legale rappresentante della odierna società con la persona fisica che era stata destinataria dei precedenti atti di polizia edilizia; la circostanza che il subentro ha avuto ad oggetto il centro sportivo con gli impianti mutati senza titolo, con la conseguenza che la condizione di abusività, immanente all’impianto, è oggi riferibile anche all’odierna titolare della concessione”.
“Ritenuto che le censure circa la natura integrativa o sostitutiva del provvedimento impugnato con i motivi aggiunti rispetto a quello oggetto di gravame con il ricorso non meritino favorevole apprezzamento – prosegue il dispositivo – esseno indubbio il potere del Comune di rideterminarsi in senso sostanziale, specie laddove tale riesercizio del potere sia rivolto a integrare un provvedimento impugnato, pendente il giudizio, allo scopo di emendarlo da vizi denunciati (senza pregiudizio di ogni valutazione in ordine alla fondatezza o meno delle relative censure) e laddove non siano integrati profili di decadenza dell’Ente dall’esercizio del potere o violazioni del diritto di difesa della parte destinataria del provvedimento (circostanze che nel caso di specie non si verificano)”.
I giudici insomma hanno concordato con la posizione del Comune.