Doppio ‘sì’ del Tar all’inceneritore di Roma
Il primo ricorso al Tar Lazio, quello del comune di Albano Laziale, è stato respinto dai giudici amministrativi perché “manifestatamente infondato”. Almeno questo è quanto scrivono, lo ripetiamo, i giudici della sezione V^ del Tar del Lazio, presidente Leonardo Spagnoletti.
Nel ricorso contro il bando con cui Gualtieri cerca aziende pronte a costruire un mega inceneritore da 600mila tonnellate annue che vale una ‘torta’ da 7,5 miliardi di € il comune avrebbe parlato di problematiche ambientali. Tradotto dal giuridichese, significa che il Comune sarebbe andato fuori tema, come si direbbe nel mondo scolastico.
“Quanto ai motivi di ricorso – si legge tar le carte – gli stessi devono essere disattesi perché manifestamente infondati tenuto conto che si tratta, in sostanza, della riproposizione di profili di gravame già funditus esaminati e respinti con la sentenza di questa Sezione 19 luglio 2023 n. 12165. Sentenza pienamente confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza, anch’essa di rigetto, del 9 febbraio 2024, n. 1349”.
La sentenza del Tar del Lazio n. 6522 è stata pubblicata ieri, 4 aprile.
Il secondo ricorso di 4 comuni
È stato bocciato anche l’altro e secondo ricorso al Tar Lazio, sempre contro il bando del sindado di Roma Gualtieri, proposto dai comuni di Ardea, Pomezia, Ariccia e Marino. La sentenza è sempre del 4 aprile ma è la n. 6524.
Sono state respinte, in particolare, le istanze relative: 1) al fatto che i poteri commissariali scadranno prima che l’inceneritore vedrà luce; 2) i riferimenti alla normativa /gerarchia dei rifiuti europea.
Le 2 inchieste di Procura di Roma e Corte dei Conti
Ma se i giudici del Tar stoppano ogni ipotesi di contrarietà all’inceneritore, una breccia doppia si sarebbe aperta sul fronte penale e contabile. Due inchieste hanno difatti squarciato il velo di invincibilità che sembra aleggiare attorno al progetto dell’inceneritore di Roma tanto caro al sindaco PD Roberto Gualtieri.
Una inchiesta penale della Procura di Roma, una inchiesta contabile della Corte dei Conti del Lazio. Nascono entrambe da una querela presentata lo scorso luglio da 4 associazioni.
Due associazioni di Albano: ‘Salute Ambiente Albano’ e ‘Pavona per la Tutela della Salute’. Un comitato di Ardea, UST-Uniti per la Salvaguardia del Territorio. Infine da una associazione di Pomezia, Latium Vetus.
Le due inchieste e la relativa querela riguardano, in particolare, il costo eccessivamente alto pagato da Ama (la municipalizzata dei rifiuti di Roma) per l’acquisto del terreno prescelto per realizzare il forno brucia rifiuti da 600mila tonnellate annue, una quantità enorme, superiore anche alle esigenze pur cospicue della Capitale.
Il terreno prescelto è situato a Roma, in località Santa Palomba, ma sull’ultimo lembo di territorio romano, proprio a ridosso della discarica di Albano Laziale, sul cortile di casa dei Castelli Romani. Poco distante anche da Ardea e Pomezia.
Guardia di Finanza nella sede Ama
Sulla base di questa querela, lo scorso 13 marzo, la guardia di Finanza di Roma, su mandato dei PM capitolini, si è recata nella sede Ama di Roma in via Calderon della Barca per acquisire numerosi documenti tecnici, amministrativi e contabili.
Il terreno è stato pagato da Ama 7,7 milioni di euro di soldi pubblici, quasi 800 euro al metro quadrato. Circa il triplo del valore reale che, sempre secondo quanto sostengono associazioni e comitati, sarebbe pari a non più di 2,5 milioni di €. Il surplus sarebbe pari quindi a circa 5 milioni di euro.
La relazione tecnica
L’analisi del valore dei terreni della zona di riferimento (situata a cavallo tra Roma, Albano Laziale, Ardea e Pomezia) è contenuta in una corposa relazione tecnica (redatta dal geometra Giacinto Persichilli) e presentata da associazioni e comitati ai magistrati penali e contabili.
Una relazione che ha passato al setaccio, metro per metro, il costo delle compravendite dei terreni che hanno avuto luogo in quella stessa zona negli ultimi anni.
Tra queste compravendite figurano anche casi eccellenti come quelle relative ai terreni su cui si trovano le sedi locali di Amazon (il colosso del commercio globale) e Acea.
Il ruolo dei tecnici di Lanuvio, Anzio, Albano e Roma
Il valore del terreno, e quindi il costo finale pagato da Ama coi soldi pubblici dei cittadini, sarebbe stato triplicato – ad avviso delle associazioni – con varie perizie redatte da più tecnici. Sarebbero coinvolti geometri, ingegneri, architetti e periti di vari comuni: Lanuvio, Anzio, Albano Laziale e Roma-città.
Tutti costoro avrebbero trovato una strana convergenza di valore del terreno, che non ha riscontro reale, per i cittadini. Questo valore spropositatamente alto sarebbe stato accettato dal CDA e dai manager di Ama senza batter ciglio. E pagato sull’unghia.
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