Tradotto in parole non tecniche e giudiziarie, è questo quanto è accaduto, negli ultimi 5 mesi, attorno al cimitero di rifiuti situato sul territorio del comune di Albano Laziale (Roma), a ridosso del comune di Ardea.
La società che gestisce il sito: “Fermate la chiusura della discarica di Albano”
A gennaio scorso, la società Ecoambiente, affittuaria di un ramo di azienda della discarica di Albano dalla società Pontina Ambiente (quest’ultima è proprietaria dell’intero sito), ha presentato un ricorso al Tar del Lazio.
La società Ecoambiente ha chiesto di bloccare, con effetto immediato, una ordinanza della Regione Lazio che chiedeva: “Disposizioni – si legge nell’oggetto della ordinanza regionale – sulla prosecuzione delle attività di gestione operativa della discarica. Di esecuzione e completamento dei lavori del capping”. In relazione alla discarica per rifiuti non pericolosi sita in località Cecchina (Roncigliano) Via Ardeatina km 24.640 – Albano Laziale (RM)”.
Il ricorso è stato presentato, prima di tutto, contro il Comune di Albano Laziale. Inoltre, contro la Città Metropolitana di Roma. Contro il Ministero dell’Interno. L’Arpa Lazio, l’Agenzia di Protezione Ambientale della Regione Lazio. Infine contro la Asl Roma 6, l’Autorità Sanitaria Locale.
Ma la legge antimafia blocca la richiesta
Scrivono però i giudici del Tar del Lazio, nero su bianco, nella loro sentenza N. 12205/2024:
“Il 21 maggio 2020 Pontina Ambiente veniva raggiunta dal provvedimento di interdittiva n. -OMISSIS- emesso dalla Prefettura di Roma e, in considerazione della stipulazione del contratto di affitto del ramo d’azienda e in ragione della già intervenuta voltura dell’AIA, con il decreto n. -OMISSIS- del-OMISSIS- veniva disposta l’interdittiva antimafia anche nei confronti di Ecoambiente. Per la “presenza di possibili situazioni di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionarne l’attività”.
Le due interdittive di cui sopra sono state confermate in via definitiva dal Consiglio di Stato, secondo ed ultimo grado della Giustizia amministrativa.
La società Ecoambiente non ha titolo di presentare ricorso e di accampare richieste
“Ebbene nel caso in esame tali requisiti – argomentano i giudici – difettano per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, l’interdittiva antimafia che ha colpito la ricorrente e la conseguente nomina di due commissari straordinari ad opera del Prefetto di Latina, priva i soci della titolarità (di compiere, ndr) azioni giudiziarie nei confronti di terzi, compresa la pubblica amministrazione. E e quindi della legittimazione ad agire (contro, ndr) provvedimenti indirizzati alla società commissariata.
Gli unici soggetti legittimati ad impugnare i provvedimenti amministrativi destinati (contro la, ndr) società ricorrente sono, appunto, i commissari straordinari.
È nei loro confronti che – concludono i magistrati – i soci della società commissariata potrebbero rivalersi per esercitare i propri diritti di credito in caso di danno”.
La società ha lamentato che i soldi in giacenza depositati come garanzia fideiussoria, vengano usati per mettere in sicurezza e chiudere il sito. Ma questo prevede la legge, secondo il Tar del Lazio.
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