A nulla sono servite le proteste, i sit in pacifici davanti al Comune, gli incontri con la Commissione Politiche sociali, le interrogazioni dell’opposizione. Ma soprattutto non sono servite le spiegazioni, documenti alla mano, fornite dalle famiglie dei pazienti e relative al calcolo dell’assistenza in base all’Isee familiare e non a quello del singolo disabile «come invece dovrebbe essere in base alla legge e come in passato è sempre stato». Almeno fino a quando il precedente consiglio comunale non approvò la modifica del regolamento ai Servizi sociali, aumentando il costo delle ore di assistenza assegnate ai singoli pazienti, prevedendo inoltre un contributo in quota parte in base all’Isee del nucleo familiare. Così è stato sufficiente decidere di trasferire la mamma disabile in casa propria per curarla al meglio per vedere schizzare il reddito oltre i 15mila euro.
E poco importa se poi si è stati costretti a trasformare il contratto di lavoro da full time in part time, guadagnando meno. Le ore di assistenza domiciliare vanno pagate. «Il problema è che il Comune parte da una cifra già molto alta (18,25 euro, ndr) se paragonata con altre città vicine dove il costo è assai più basso – spiegano le famiglie – e dove l’assistenza è sicuramente più qualificata. A Pomezia, invece, a parte poche eccezioni l’assistenza domiciliare non è sicuramente tra le migliori». Per questo sono arrivati ai disabili conti da pagare che in diversi casi superano i quindicimila euro l’anno. E, naturalmente, si tratta dei casi più gravi per i quali sono richieste più ore di assistenza. Insomma un paradosso. «A 18,25 euro l’ora non chiedo più al Comune, ma scegliamo l’assistente direttamente tra i privati», puntualizzano le famiglie. L’unico, piccolissimo, risultato ottenuto dall’amministrazione commissariale è stata una lieve riduzione del prezzo orario rispetto a quella che era stata decisa dall’ex amministrazione De Fusco. «Ma sempre un’enormità – replicano ancora i familiari – oltre che un’ingiustizia, perché si tratta di un provvedimento anticostituzionale, poiché crea una discriminazione tra disabili e normodotati, andando contro l’articolo 3 della Costituzione.
Ma il provvedimento è anche contrario alla legge del 2006 (la numero 67, ndr) perché costringe i disabili ad usufruire di un reddito effettivo nettamente inferiore a quello di una persona normodotata. Nel preambolo della convenzione dell’Onu dei diritti delle persone con disabilità, si evidenzia che proprio la disabilità è un importante fattore di impoverimento delle famiglie, che però a Pomezia non viene minimamente preso in considerazione. Infine continuiamo a chiederci che fine ha fatto il milione e settecentomila euro stanziato nel 2012 per l’assistenza domiciliare e scolastica che l’ex assessore ai Servizi sociali, Rosaria Del Buono, aveva garantito che il Comune avrebbe reinvestito nel sociale». Per l’anno prossimo invece la trattativa tra associazioni, famiglie e Comune è ancora in corso.