I DUBBI DE IL CAFFÈ
Secondo noi, se la legge avesse voluto costituire un incentivo al recupero di palazzi ed aree degradate per ridurre il consumo di suolo, uno dei mali della nostra società, avrebbe dovuto riguardare anche e soprattutto i centri storici, in cui si trovano 1/3 degli edifici abbandonati del Lazio (fonte Istat 2018). Il dubbio, invece, è che questa nuova legge – come già scritto – rischi di costituire un grimaldello per consentire ai cittadini, ma soprattutto ai soliti e grossi investitori privati, uno strumento per scardinare i Piani Regolatori Comunali, o P.R.G., e le normali regole edilizie. Caratteristiche insomma che sembrano contraddire lo spirito a cui dovrebbe invece ispirarsi una legge che porta un nome così nobile: ovvero riutilizzare il patrimonio edilizio già esistente che giace in stato di abbandono ed evitare l’erosione di suolo ancora vergine.
E IL P.T.P.R.?
Tra l’altro, c’è da aggiungere che tali facoltà vengono concesse a cittadini e investitori privati in assenza della versione ultima e definitiva del P.T.P.R., il Piano Territoriale Paesistico della Regione Lazio. In estrema sintesi, parliamo del Piano che stabilirà dove, come e a quali condizioni si potrà costruire una nuova opera edilizia o ampliarne una già esistente. Poco importa che si parli di una casa, una strada, un complesso residenziale pubblico o privato o una discarica per smaltire rifiuti. Ogni nuova costruzione civile o industriale dovrà passare prima per le ‘forche caudine’ del Piano Paesistico. Il Piano contiene tutti i vincoli posti dallo Stato a tutela degli oltre 17mila chilometri quadrati di cui è costituito il Lazio e prevale sui P.R.G. comunali. La versione preliminare del P.T.P.R. è stata votata dal Consiglio regionale nel lontano 2007. Da allora, la sua approvazione ultima e definita è stata rinviata per 12 volte consecutive. Continuare a rimandare l’approvazione del P.T.P.R. è un danno ai cittadini che restano senza certezza nel diritto; l’incertezza fa anche aumentare abusi e speculazioni edilizie. In attesa che il P.T.P.R. e i suoi vincoli vengano approvati in via definitiva, tutti i privati potranno dare corso ad aumenti volumetrici, cambi di destinazione d’uso ‘facili’ e nuove costruzioni su aree verdi ed agricole, purché già urbanizzate, in violazione delle normali regole edilizie. In pratica una sanatoria concessa prima ancora di compiere l’abuso: non si chiede dopo aver commesso un abuso edilizio, ma la si chiede prima alla Regione e al Comune, in modo da non incorrere in sanzioni, multe o denunce.
DISOMOGENEITÀ TRA”ˆCOMUNI?
Infine, l’applicazione della legge regionale sulla rigenerazione urbana è subordinata ad un via libera Comunale che è chiamato a “valutare (…) – si legge nell’articolo 2 della legge stessa – le proposte dei privati”, con il rischio di creare disomogeneità tra Comune e Comune, in base a discriminanti di vario genere.
L’assessore regionale Valeriani: “Legge coerente ed efficace”
Ecco il testo della lettera che ci ha scritto l’assessore regionale all’Urbanistica Massimiliano Valeriani. “In merito all’articolo dal titolo Metri cubi gratis per ‘asfaltare’ le periferie”, pubblicato a pagina 3 del settimanale il Caffè n. 485 del 21-27 marzo 2019 si precisa che con la legge sulla “Rigenerazione urbana e il recupero edilizio” si limita il consumo di suolo, si recupera il patrimonio edilizio esistente, si mettono in sicurezza le costruzioni, si riqualificano le città e le loro periferie, si potranno offrire maggiori servizi ai cittadini. Nell’articolo si contestano gli obiettivi del provvedimento, ma si lamenta che non possa essere applicato anche per il recupero dei centri storici! Delle due l’una. La nuova legge consente a tutti i Comuni del Lazio di disporre degli strumenti adeguati per ripensare lo sviluppo dei territori urbanizzati, usufruendo di un potere decisionale più incisivo e con procedure più snelle. Dopo decenni di normative confuse e disomogenee, infatti, si è messo ordine creando una legge ordinaria, valida nel tempo e coerente nella sua applicazione. La legge sulla rigenerazione trova applicazione nei tessuti urbanizzati ed è finalizzata a limitare il consumo di suolo, razionalizzare il patrimonio edilizio esistente, riqualificare aree urbane degradate con funzioni eterogenee e tessuti edilizi incompiuti, migliorare la sicurezza statica, la sismicità e l’efficienza energetica degli edifici esistenti, favorire la realizzazione di nuove opere pubbliche e il completamento di quelle esistenti. Oltre ad affrontare la sfida della semplificazione delle procedure, la legge riserva particolare attenzione alla valutazione degli aspetti socio economici e ai processi di partecipazione, che sono alla base dell’individuazione e della progettazione del recupero edilizio e della riqualificazione urbana. Il testo contiene norme ordinarie che consegnano ai Comuni il governo dei processi di rigenerazione. Sono stati recepiti gli strumenti urbanistico/edilizi dalla normativa nazionale, rendendoli funzionali all’attuazione delle previsioni dei piani regolatori comunali. Inoltre, le norme tendono a riordinare alcune leggi che, negli anni, sono state oggetto di numerose modifiche. Con i Programmi di Rigenerazione Urbana, infine, i cittadini diventano protagonisti del territorio. I Comuni predispongono i programmi e i residenti potranno partecipare e condividere le scelte dell’amministrazione. I Comuni hanno così strumenti più snelli e chiari per elaborare i piani e hanno accesso ai fondi europei. Viene prevista anche una premialità qualora i piani siano frutto di un concorso di progettazione. La riqualificazione dei centri storici, invece, non può prevedere l’aumento di cubature, pertanto viene sostenuta dalla Regione attraverso specifici finanziamenti. Come annunciato agli organi di stampa, lo scorso gennaio è stata pubblicata la determina regionale per la concessione dei contributi ai Comuni del Lazio, ad esclusione di Roma Capitale, per la realizzazione di opere e lavori pubblici finalizzati alla tutela e al recupero dei centri storici, che rappresentano anche un prezioso volano turistico e culturale per molte realtà. In particolare, viene stanziato un fondo di oltre 2,8 milioni di euro, che sarà destinato per il 64% ai Comuni sotto i 5.000 abitanti, mentre il restante 36% ai Comuni con popolazione pari o superiore ai 5.000 abitanti. Verranno poi stilate due distinte graduatorie e sarà attribuito un punteggio premiante a quei Comuni che presentano progetti con rilevante attenzione al tema della sostenibilità ambientale. I Comuni sopra i 5.000 abitanti saranno chiamati a compartecipare alle spese dell’intervento in misura del 20% e fino a un massimo di 500.000 euro, mentre gli altri Comuni dovranno farsi carico di una quota del 5% del costo dei lavori per finanziamenti superiori ai 200.000 e fino a un massimo di 300.000 euro. Per contributi inferiori ai 200.000 euro non sarà richiesta alcuna spesa di compartecipazione. Prosegue, quindi, l’impegno dell’Amministrazione regionale per sostenere i Comuni del Lazio negli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio, sia attraverso provvedimenti normativi che mediante contributi economici”.