Per due anni, fra il 2014 e il 2016, l’Atac ha pagato un servizio di pulizia mai effettuato sui treni della metropolitana e della ferrovia urbana. Conclusi una serie di approfondimenti, ora, la procura regionale della Corte dei conti ha indagato nove ex dirigenti della municipalizzata dei trasporti che «non hanno adottato le misure necessarie ad evitare il determinarsi del danno sopra indicato»: 2 milioni e 224 mila euro spesi senza motivo dall’azienda.
In nove sono stati invitati a fornire deduzioni dai magistrati contabili Andrea Lupi e Massimo Lasalvia e hanno 45 giorni di tempo per presentare una memoria sull’argomento. Anche in questo caso, come nella recente vicenda della manutenzione delle scale mobili, Atac sembra aver militato sul fronte (teoricamente opposto) dei fornitori, in questo caso il raggruppamento temporaneo di imprese Manutencoop – Roma Multiservizi che è stato favorito con l’introduzione di un’aggiunta contrattuale.
«Il contratto — si legge nell’invito a dedurre — aveva ad oggetto la pulizia delle stazioni metro-ferroviarie e dei locali tecnologici, il lavaggio interno ed esterno dei treni e la loro pulizia». A fronte di questi obiettivi Atac stipula con il raggruppamento di imprese un’appendice che prevede «il pagamento del 93% delle prestazioni non rese a fronte di modifiche della programmazione non comunicate da Atac nei tempi previsti». Se la municipalizzata non inviava tempestivamente (entro 24 ore) la programmazione dei treni da pulire, l’appaltatrice fatturava in automatico la quasi totalità dell’importo dovuto. Accadeva così che venisse contabilizzato «interamente l’importo contrattualmente previsto, prescindendo dall’effettiva esecuzione delle prestazioni».
Quando i finanzieri del nucleo di tutela della spesa pubblica hanno analizzato la contabilità della municipalizzata dei trasporti si sono trovati di fronte a esempi surreali. Come la contabilizzazione di servizi di pulizia in stazioni chiuse al pubblico, dunque inaccessibili. Quanto alla contabilizzazione vera e propria, dalle verifiche è emerso che «gli addetti autocertificavano le prestazioni mediante l’utilizzo di un software fornito dal raggruppamento temporaneo di impresa». Sulla vicenda aveva presentato un esposto l’ex numero uno dell’azienda Manuel Fantasia, ipotizzando uno spreco di denaro pubblico.