In giunta e al Consiglio regionale del Lazio le cronache suggeriscono che non fossero proprio dei gran lavoratori. Inadatti. Però nemmeno hanno voluto accogliere il frutto del lavoro (gratis) di esperti e cittadini. Uno dei lasciti del clan di Fiorito & co. e del Pd laziale. Con sconcertante indolenza hanno sabotato l’ottima legge d’iniziativa popolare sottoscritta da 12.000 cittadini, moltissimi ai Castelli Romani e altri anche di Latina e provincia, ispirata alla strategia “Zero rifiuti”. In concreto: porta a porta obbligatorio, basta discariche e inceneritori, basta usa e getta (ad esempio nelle mense pubbliche), innalzamento a 5.000 metri della distanza minima delle discariche dai centri abitati; monitoraggio dell’inquinamento gestito da soggetti indipendenti anziché dai padroni degli impianti.
Il tutto in applicazione del sacrosanto principio “chi inquina paga”, peraltro già posto alla base della legge nazionale che ha introdotto nel 1995 l’ecotassa sull’immondizia in discarica e rimasto quasi lettera morta. Una normativa seria e nell’interesse della gente. «Il percorso della legge regionale Zero Waste è finito così, con un agguato concordato in Consiglio regionale – spiega con amarezza Massimo Piras, portavoce di Zero Waste Lazio, primo firmatario della legge -, con la scusa di impedimenti di procedura l’hanno fatta saltare. I solerti gruppi consiliari, capeggiati dal Capogruppo Pdl Fiorito, hanno votato una mozione per la sospensione dell’esame della proposta. Questo sebbene l’ufficio legislativo della Regione avesse dato parere favorevole e quindi non c’erano contrasti con norme preesistenti. E così la legge è decaduta».
Il Presidente del Consiglio Mario Abbruzzese, che ci è costato con il suo apparato da 3,6 milioni di euro nel 2011, aveva già tentato di sabotarla per pretestuosi problemi di firme e timbri, ma era stato costretto a metterla in discussione. «È evidente – dice Piras -, come è venuto fuori ora, che lì c’era una banda interessata a tutt’altro». Occorre insomma insistere e pretendere dai Sindaci e dai Consigli comunali il porta a porta, l’unica vera differenziata che funziona e non alimenta discariche ed inceneritori. Ad esempio ai Castelli Romani il Movimento 5 Stelle propose un consorzio tra Comuni sul modello dei Navigli in Lombardia. È finito nel nulla. Speriamo lo ripeschino. Altro esempio che può fare la differenza è l’iniziativa dei Comuni di Aprilia, Sermoneta, Ardea, Anzio, Cisterna, Cori e Rocca Massima: mettersi insieme in un sub-ambito per fare il porta a porta spinto e chiudere il ciclo in modo autonomo.