60 anni fa la prima esperienza italiana di centro-sinistra con la Giunta comunale di Marino. Fu la prima tra socialisti e cattolici in Italia. Anche se molti credono che tale primato spetti a Milano con Pillitteri. Il 07 gennaio del 1961 a nella città del vino venne eletto sindaco Giulio Santarelli, il giovanissimo socialista sostenuto da una maggioranza di centro sinistra con la Democrazia Cristiana e il Partito repubblicano italiano.
Così spiega lo stesso on. Santarelli: «Venne così a cadere il tabù che nella storia d’Italia aveva impedito fino ad allora accordi tra popolari e socialisti e aprì la strada a quella che venne definita l’apertura a sinistra e tre anni dopo al governo Moro-Nenni».
L’ex sindaco, poi divenuto presidente della Regione Lazio, quindi deputato e viceministro, racconta: «Le elezioni amministrative si erano svolte il 22 novembre 1960 con lo stesso risultato di parità tra i due blocchi che si contrapponevano dal 1948, da un lato il PCI con undici seggi e il PSI con sei e dall’altro lato la DC con undici seggi, il PRI con tre e il MSI con uno. Si era riprodotto lo stesso risultato delle precedenti elezioni del 1956 e 1957 che diedero vita a due gestioni commissariali. Lo spettro di un’altra lunga gestione commissariale era dietro l’angolo e veniva visto con terrore dai cittadini e dalle stesse forze politiche, costrette ad assistere a gestioni amministrative affidate a funzionari e totalmente avulse dalle esigenze della città». La vicenda si intreccia con la tragedia delle bombe, degli sfollamenti ma pure con la rinascita e il veloce sviluppo.
«A sedici anni dalla fine della guerra – ricorda l’ex sindaco – nel centro storico di Marino erano ancora evidenti le ferite dei bombardamenti del 1944 che precedettero di quattro mesi la liberazione della città da parte degli eserciti Alleati. Nelle frazioni di Ciampino, divenuto comune autonomo solo nel 1974, e di Santa Maria delle Mole gli abitanti crescevano di mille anno portando gli abitanti del comune in dieci anni da 18.000 a 30.000. Per evitare un nuovo scioglimento del consiglio comunale, nonostante i legami a sinistra con il PCI, ci ponemmo il problema di tentare un approccio con la DC che ritenevamo facilitato dalla presenza di un uomo saggio e aperto alle istanze dei lavoratori come il senatore Zaccaria Negroni. Il 23 dicembre con Fausto Moretti, che rappresentava storicamente il perno dell’organizzazione dei socialisti marinesi, e il segretario della DC Achille Andreuzzi, andammo a trovare il senatore Negroni all’oratorio San Barnaba ove da sempre aveva fissato la sua residenza».
Così Santarelli, oggi 85enne, confida emozioni e il dietro le quinte di quello storico evento in cui si trovò davanti a una figura di grande spessore umano, culturale e politico e di enorme spirito: «Il confronto era impari: io avevo compito 25 anni da un mese ed ero alla prima elezione a consigliere comunale. Il senatore Negroni aveva 62 anni. Agli incarichi parlamentari sommava quelli operativi di presidente dell’associazione degli artigiani, della cassa rurale San Barnaba che aveva fondato con monsignor Grassi e della scuola d’arte. Andammo all’incontro consapevoli delle difficoltà da superare per il ruolo di opposizione svolto dal PSI ai governi DC e per la lunga consuetudine di collaborazione in sede locale con il PCI che, partendo dalla comune partecipazione alle organizzazioni sindacali e di categoria, rafforzava i rapporti personali dei dirigenti e li proiettava nelle sedi politiche. Appena Negroni iniziò a parlare mi resi conto di trovarmi di fronte un uomo eccezionale permeato da una fede profonda, consapevole della gravità della situazione e della necessità di porvi rimedio superando gli errori e le divisioni ideologiche che da settanta anni impedivano l’incontro e la collaborazione tra cattolici e socialisti. Rimasi impressionato dal linguaggio e da uno stile che prescindeva da ogni forma di appartenenza e nella sostanza configurava l’opposto dello stereotipo radicato nella sinistra che considerava Negroni uomo dei padroni e perciò da combattere. Nulla in lui era a difesa del capitalismo, tutto proteso alla carità, alla fratellanza, alla solidarietà e al soccorso dei più deboli».
Uno spirito e una azione quanto mai necessarie nella realtà attuale. «La sua visione etica e morale della funzione pubblica di servizio da rendere come cristiano – sottolinea l’on. Santarelli – era il modo di applicare i principi della fede nella vita quotidiana. Non mancò di sottolineare il suo impegno nella DC nazionale per un governo con il PSI. Sulla questione spinosa di chi dovesse proporre il candidato sindaco, la DC o il PSI, come socialisti gli rendemmo facile il compito non chiedendo per noi la carica di sindaco dati i rapporti di forza che vedevano la DC avere un consenso elettorale quasi doppio. Tuttavia la DC aveva difficoltà ad esprimere un proprio sindaco visto che i due leader democristiani locali – Franco Armati e Remo Deluca – non si mettevano d’accordo nel loro gruppo consiliare. E allora nell’assemblea del gruppo DC che precedette la seduta comunale, il giorno della Befana, fu Negroni a risolvere la spaccatura interna alla DC. Avanzò una proposta che definì salomonica: eleggere il giovane segretario dei socialisti e tra qualche mese superati i nostri contrasti tornare a rivendicare il sindaco. Lui guardava alla persona, per lui contavano le persone migliori e più capaci. Il senatore Negroni mi disse un cosa che poi mi ha condizionato per tutta la vita: “Giovanotto, ricordati che fare il sindaco non è gestire il potere ma rendere un servizio ai cittadini e alla città”». Non mancarono certi attacchi ideologici. «Da rilevare in quei giorni la curiosa campagna dei comunisti per impedire che l’accordo avesse successo – rammenta Santarelli -, sobillando la base socialista di tradizione anticlericale con l’invito a ribellarsi. “Vi siete messi la berretta da prete”, dicevano. Ma le votazioni per l’elezioni del sindaco, in un’aula che non riuscì a contenere tutti i cittadini che erano increduli sulla possibilità che l’accordo reggesse, non registrò alcun intoppo e il sindaco venne eletto con i diciannove voti su trenta attribuiti all’assemblea». Nacque così, tra l’incredulità di molti, la prima Giunta comunale di centro-sinistra. Accanto al primo cittadino, come assessori furono scelti: Remo Deluca vicesindaco, Bernardo Macci (PSI); Gregorio Pisani, Giuseppe Engst, Carmine Lancianese (DC); Olo Galbani (PRI).