È stato nel 1997 – anno in cui è stata annullata la concessione edilizia, risalente a 5 anni prima, che permise l’edificazione del complesso immobiliare nonostante l’area fosse gravata da vincolo archeologico e anche da uso civico – che il Comune ha ingiunto alla società “Lido delle Salzare srl” – attualmente sotto curatore fallimentare – di demolire le opere. Da allora tre palazzine sono state rase al suolo dal Comune, mentre ad aprile 2020 l’attuale amministrazione ha diffidato la Soprintendenza archeologica a eseguire la demolizione dell’edificio D, in quanto “realizzato su beni di interesse archeologico”. Richiesta per la quale il Comune, che nel frattempo ha acquisito a patrimonio l’intero complesso, afferma di non aver ricevuto risposta. Per questo motivo l’Ente ha deciso di procedere in modo autonomo, addebitando però il costo della demolizione “ai responsabili dell’abuso”, come avvenne peraltro per le prime tre palazzine e per cui si aspetta ancora la restituzione dell’importo sborsato.
Prima di buttare giù la palazzina D, che è la più degradata dal punto di vista socio-ambientale (LEGGI QUI il reportage del Caffè), sarà necessario bonificare l’area che è letteralmente invasa da immondizia. Da chiarire, invece, la situazione dei restanti palazzi E, F e G, per i quali nel 2018 il Comune ha prospettato la possibilità di una “quasi-sanatoria”, che avrebbe consentito agli inquilini di acquisire in maniera regolare gli appartamenti. Ora, però, l’intero complesso immobiliare abusivo è stato acquisito a patrimonio pubblico e questa possibilità andrà verificata.
Altro punto critico riguarda gli attuali occupanti della palazzina D. Nonostante l’edificio fosse stato reso inabitabile con la rimozione dei servizi igienici e dei serramenti, infatti, è stato comunque occupato da persone senza fissa dimora. Che fine faranno? Il Comune dovrà prenderle in carico per trovare loro una nuova abitazione? Che ruolo avranno, se lo avranno, Prefettura ed enti sovraordinati nella gestione del disagio abitativo di queste persone? Domande che lasciamo aperte, nell’auspicio che il Comune non venga lasciato solo a gestire un problema di indubbia complessità e delicatezza.