Sulla vendita all’asta del grattacielo Pennacchi è in allerta anche la Procura della Repubblica di Latina. Il giorno fissato per le offerte relative a 265 lotti su un totale di 352 unità immobiliari si avvicina e, con il concreto rischio che a breve numerose famiglie possano trovarsi senza un tetto, oltre a un’altra serie di difficoltà legate allo sviluppo preso dalla proceduta immobiliare promossa dall’istituto di credito Dobank spa, gli inquirenti stanno monitorando con attenzione l’evolversi della vicenda. All’orizzonte del resto si paventano pure problemi di ordine pubblico e la magistratura non può non considerare tale variabile. La procedura è stata avviata dalla banca per via dell’esposizione debitoria della società proprietaria dell’ormai storico complesso immobiliare a due passi dalla centralissima piazza del Popolo e il giudice Giuliano Agozzino ha alla fine dato il via all’asta, con gli interessati all’acquisto che, a partire dal 9 febbraio e per 48 ore, potranno presentare le offerte solo in via telematica o tramite un avvocato. I principali problemi sono però legati al fatto che il grattacielo di 22 piani, realizzato all’inizio degli anni ’60, è da sempre gestito in maniera unitaria, occupando l’intero isolato compreso tra Corso Matteotti, via Don Morosini, via Adua e via Pisacane, con due condomini di otto e dieci piani, collegati da un piano interrato adibito a garage e servizi comuni, una piastra commerciale al livello della strada e un piano di uffici. Tutto con impianti energetici e spazi in comune, che oltretutto rimangono in carico alla società pignorata, con i relativi problemi di chi non sarà più in affitto da quest’ultima, ma dovrebbe godere di beni comuni gestiti da quest’ultima essendo proprietario di un proprio immobile. E per finire alla società pignorata sono stati lasciati 87 immobili ubicati in spazi diversi del grattacielo, con ulteriori grane per poterli gestire. Particolari che hanno spinto uno dei consiglieri di amministrazione della Pennacchi C. srl a presentare, tramite l’avvocato Maria Antonietta Cestra, un ricorso al giudice Agozzino, in opposizione alla vendita immobiliare. Il consigliere ha definito insufficienti gli stessi dati catastali utilizzati per identificare i beni posti in vendita, sostenendo che non vi è indicazione dei beni pertinenziali e non vi è chiarezza sui diritti correlati ai beni pignorati. Nel ricorso viene quindi specificato che le unità immobiliari sono legate tra loro da utenze e parti comuni di grande rilevanza che non le rendono “autonome” per i singoli futuri proprietari, con i conseguenti gravi disagi per gli acquirenti e la stessa società Pennacchi C. srl. Ad avviso del ricorrente sarebbe dunque necessario procedere con una precisa individuazione della delimitazione dei vari lotti messi in vendita, una riorganizzazione del complesso immobiliare comprese le parti comuni e la individuazione delle accessioni, delle pertinenze e delle eventuali servitù. Sempre nel ricorso viene poi sostenuto che si rischia che l’invenduto arrivi a riguardare maggiormente le unità fondamentali per la gestione del complesso e le vendite si concentrino sugli immobili di minor valore, favorendo così il degrado e procurando al centro città un agglomerato di immobili fatiscenti, ricovero di senza tetto e sbandati, causando gravi problemi per i residenti e per tutto il quartiere e gravissimi problemi di ordine pubblico. Da lì la richiesta di bloccare l’asta.
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