Sull’arsenico negli acquedotti la casta politico-affaristica ha messo a segno un colpo unico, ribaltando la logica delle cose e delle leggi: è l’Europa ad adeguarsi ai comportamenti di uno Stato membro e di una Regione. Di solito è l’Unione che detta le regole ai Paesi. Qui, invece, è la Commissione Europea ad aver “recepito” l’andazzo italiano e laziale: ha concesso la terza deroga per continuare ad erogare acqua contaminata da concentrazioni di arsenico fino al doppio del limite di legge (10 microgrammi per litro, μg/l).
Ad ottobre Bruxelles aveva bocciato la richiesta di poter sforare sull’arsenico fino a 50 μg/l per altri 3 anni. Ma Sindaci, Regione, pezzi di Sanità pubblica hanno fatto come se vi fosse comunque la deroga fino a 20 μg/l. Nessun allarmismo. Ma è vero pure che questo veleno fa ammalare se ingerito per periodi non brevi e che «taluni valori sono accettabili per un periodo limitato di tempo», come dice il Comitato scientifico dei rischi sanitari e ambientali dell’Unione Europea. Ma 5,10 oppure 15 anni sono periodi brevi? È dal 1998 che la Comunità Europea ha stabilito che l’arsenico negli acquedotti non deve superare i 10 microgrammi per litro, valore obbligatorio per legge dal 2001 in Italia.
Dieci anni dopo, nel Lazio ancora abbiamo più di 788.000 persone interessate dall’acqua potabile avvelenata da questo metallo pesante. Oltre la metà si trovano proprio nell’area dove esce Il Caffè, tra i Castelli Romani, il litorale sud di Roma e la provincia di Latina e sarebbero quasi 441.000 secondo i dati dichiarati dalla Regione. Usiamo il condizionale poiché il numero di residenti indicati nella richiesta di deroga sono almeno oltre 33.000 meno di quelli rilevati dall’Istat a novembre 2010 (vedi riquadro in basso a pag. 3).
Potrebbero dunque essere di più i cittadini coinvolti. Non sono stati capaci, né la casta politica, né i gestori, né la sanità pubblica, di sanare questo stillicidio al quale sono sottoposte così tante persone. All’omertà e incapacità, ai rinvii e all’ambiguità, ora si aggiunge l’entusiasmo balzano: abbiamo finalmente la terza deroga! Questo in sostanza l’annuncio con cui il 25 marzo la Presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, e l’Assessore regionale all’Ambiente, Marco Mattei, hanno brindato alla “buona” notizia: si può ancora spacciare acqua contaminata da concentrazioni di arsenico fuorilegge fino a tutto il 2012. Tranne che ai bambini sotto i 3 anni. Per dicembre 2012, dicono, sarà tutto a posto. Però non c’è il cronoprogramma, ossia il calendario mese per mese degli interventi per risolvere, né il prospetto dei finanziamenti per il Lazio, come invece per altre aree d’Italia in deroga. Perché?
A Il Caffè risulta che la decisione europea è stata notificata alla rappresentanza del Governo italiano a Bruxelles il 24 marzo, e quindi sarebbe efficace, obbligatoria ed immediatamente esecutiva. Notifica che, al momento in cui scriviamo, l’Assessore Mattei ci dice di non conoscere: «Serve un decreto interministeriale dei Ministri della Salute e dell’Ambiente», ci ha detto al momento in cui scriviamo. Comunque, la decisione europea è solo una formalizzazione di quanto già accadeva, visto che le Asl, i gestori, i Sindaci e la stessa Regione già parlavano ufficialmente e facevano come se l’acqua con arsenico tra i 10 e i 20 μg/l fosse “regolare” e non andasse invece vietata a tutta la popolazione, ma solo ai bebè fino a 3 anni. Hanno fatto tutti i “vaghi”. Solo a marzo qualche Sindaco – ad Ariccia, Lanuvio e Aprilia – si è svegliato ed ha proibito di bere e usare l’acqua di acquedotto nei cibi a tutti i cittadini senza distinzione di età. Ma il vero problema non è quale numerino utilizzare per giustificare il veleno nell’acqua. L’arsenico nelle condotte non ci deve stare, si tratta di salute.
Il nostro corpo se ne infischia se c’è la deroga o no, se il Sindaco vieta o no: questo veleno favorisce i cancri e le malattie cardiovascolari. Perciò va garantita acqua senza arsenico ai cittadini, tutti, e non solo ai bimbi sotto i 3 anni, come hanno voluto far credere Regione, gestori, Asl e vari Sindaci. Tanta soddisfazione di Polverini e Mattei proprio non si capisce. Per i cittadini, infatti, la deroga comporta minori tutele e un peggioramento: ora non c’è più nemmeno l’obbligo per i gestori di fornire acqua con arsenico nei limiti alle ditte alimentari e a chi ha più di 3 anni. Perché la stessa solerzia profusa per consentire ai gestori di dare ancora acqua all’arsenico, i Sindaci e la Regione Lazio non la mettono per far abbassare le bollette agli utenti che ricevono un bene e un servizio non solo carente, ma anche dannoso? E se gli utenti, gestiti con deroghe che chi comanda si è dato da sé in “autoderoga”, passassero alla autoriduzione delle bollette?