Hanno tra i 16 e i 17 anni, provengono dall’Egitto e si presentano in questura accompagnati da alcuni conoscenti che li aiutano ad interfacciarsi con gli agenti. Sono i nuovi disperati del sud del mondo, che la legge definisce “minori non accompagnati”.
A Latina, da novembre, si sono verificati tre casi del genere. Uno il nove di quel mese, il secondo dodici giorni dopo e l’ultimo il 3 gennaio scorso. Una volta identificati, gli agenti della squadra volante hanno provveduto ad accompagnare i giovani in una casa famiglia di Cori dove i minori vengono ospitati fino a quando non si riescano a rintracciare i genitori. Cosa che difficilmente avviene in breve tempo visto che spesso anche i genitori di questi giovani hanno abbandonato il proprio Paese d’origine.
Come questi minori siano arrivati fino nel capoluogo pontino è difficile dirlo. I loro racconti sono molto simili: dichiarano di essere sbarcati qualche settimana prima in Sicilia e di essere subito fuggiti per non essere rinchiusi nei centri di prima accoglienza dove il rischio di espulsione ma anche di reclusione forzata per mesi è alto. Poi avrebbero peregrinato per l’Italia prima di raggiungere il capoluogo dove si sarebbero incontrati con alcuni connazionali.
La realtà sembra però un’altra e verrebbe dimostrata dal trend registrato in tutto il Paese: in molti piccoli capoluoghi di provincia dove la comunità straniera, non solo egiziana, è ben radicata, si evidenzia un aumento di richieste di ospitalità come quelle effettuate a Latina. Più che meta di un vagabondaggio, quindi, il capoluogo pontino, come gli altri centri, pare essere più un punto di arrivo di un viaggio organizzato che si insinua nelle pieghe di una normativa molto complessa che se da una parte ha reso più difficile l’ingresso dei cosiddetti immigrati economici dall’altra rende più semplice il ricongiungimento di minori non accompagnati con i loro familiari.
Il dato dell’aumento delle richieste di ospitalità da parte di minori non accompagnati, infatti, diventa più significativo se letto insieme all’aumento delle richieste per il ricongiungimento familiare effettuate da neo maggiorenni nei confronti dei genitori che ha raggiunto, nel 2015, l’8% delle richieste totali. Richieste che provengono, nella quasi totalità dei casi, da ragazzi ospitati nelle case famiglia per alcuni mesi. L’ospitalità in questi centri, insomma, rischia di trasformarsi in un escamotage per aggirare gli ostacoli all’ingresso nell’Unione Euopea per quei cittadini che non posseggono i requisiti per richiedere lo status di rifugiato. Un escamotage molto costoso visto che, come dimostrato dalla determinazione dell’area welfare del Comune di Latina che elenca i casi su descritti, ospitare un minore costa circa 76 euro al giorno. Denaro che viene sborsato quasi del tutto dal Comune visto che il ministero partecipa in minima parte alla spesa, effettuando rimborsi che arrivano al massimo a 20 euro al giorno e solo per i ragazzi che sostano in una singola struttura per almeno 10 giorni.
A Latina, da novembre, si sono verificati tre casi del genere. Uno il nove di quel mese, il secondo dodici giorni dopo e l’ultimo il 3 gennaio scorso. Una volta identificati, gli agenti della squadra volante hanno provveduto ad accompagnare i giovani in una casa famiglia di Cori dove i minori vengono ospitati fino a quando non si riescano a rintracciare i genitori. Cosa che difficilmente avviene in breve tempo visto che spesso anche i genitori di questi giovani hanno abbandonato il proprio Paese d’origine.
Come questi minori siano arrivati fino nel capoluogo pontino è difficile dirlo. I loro racconti sono molto simili: dichiarano di essere sbarcati qualche settimana prima in Sicilia e di essere subito fuggiti per non essere rinchiusi nei centri di prima accoglienza dove il rischio di espulsione ma anche di reclusione forzata per mesi è alto. Poi avrebbero peregrinato per l’Italia prima di raggiungere il capoluogo dove si sarebbero incontrati con alcuni connazionali.
La realtà sembra però un’altra e verrebbe dimostrata dal trend registrato in tutto il Paese: in molti piccoli capoluoghi di provincia dove la comunità straniera, non solo egiziana, è ben radicata, si evidenzia un aumento di richieste di ospitalità come quelle effettuate a Latina. Più che meta di un vagabondaggio, quindi, il capoluogo pontino, come gli altri centri, pare essere più un punto di arrivo di un viaggio organizzato che si insinua nelle pieghe di una normativa molto complessa che se da una parte ha reso più difficile l’ingresso dei cosiddetti immigrati economici dall’altra rende più semplice il ricongiungimento di minori non accompagnati con i loro familiari.
Il dato dell’aumento delle richieste di ospitalità da parte di minori non accompagnati, infatti, diventa più significativo se letto insieme all’aumento delle richieste per il ricongiungimento familiare effettuate da neo maggiorenni nei confronti dei genitori che ha raggiunto, nel 2015, l’8% delle richieste totali. Richieste che provengono, nella quasi totalità dei casi, da ragazzi ospitati nelle case famiglia per alcuni mesi. L’ospitalità in questi centri, insomma, rischia di trasformarsi in un escamotage per aggirare gli ostacoli all’ingresso nell’Unione Euopea per quei cittadini che non posseggono i requisiti per richiedere lo status di rifugiato. Un escamotage molto costoso visto che, come dimostrato dalla determinazione dell’area welfare del Comune di Latina che elenca i casi su descritti, ospitare un minore costa circa 76 euro al giorno. Denaro che viene sborsato quasi del tutto dal Comune visto che il ministero partecipa in minima parte alla spesa, effettuando rimborsi che arrivano al massimo a 20 euro al giorno e solo per i ragazzi che sostano in una singola struttura per almeno 10 giorni.
14/01/2016